Michelle Zauner, aka Japanese Breakfast, festeggia in questi giorni il suo ritorno in campo con l’uscita di Jubilee. Questa sua ultima creatura è la celebrazione di una gioia ritrovata a seguito della malattia e conseguente morte della madre, eventi traumatici che hanno marchiato in maniera indelebile la vita ed il perscorso musicale dell’artista.
Il suo debut album Psychopomp ed il successivo Sounds From Another Planet sono infatti dischi contrassegnati dal lutto e dalla sofferenza ed ascoltare ad oggi una Zauner così energica e sfacciatamente sicura di sé è quindi una grande sorpresa. Ma di cosa stiamo parlando esattamente?
Jubilee non è musicalmente l’album che ci stavamo aspettando – questo è certo – ma non sappiamo se sia un bene. 10 tracce per un totale di circa 40 minuti che purtroppo non lasciano alcun segno.

Paprika è il titolo della traccia-pilota che apre il disco con un climax surreale, una parata di trombe e percussioni e un testo in cui l’artista cerca di descrivere le emozioni che prova nel connettersi con le persone, i suoi fan ed il suo pubblico attraverso la sua musica.“How’s it feel to stand at the height of your powers/ To captivate every heart?/ Projecting your visions to strangers who feel it, who listen, who linger on every word/ It’s a rush”. Japanese Breakfast sembrerebbe non nascondersi dietro un dito ed il dubbio che sorge è in quale chiave di lettura vada effettivamente interpretato pezzo. Non è facile definire se sia una inno all’ambizione personale e alla self-confidence o se la sua voce da ragazza innocente collida in realtà con un testo dalle sembianze pretenziosamente arroganti, come fosse una sfacciata e presuntuosa celebrazione di sé ricoperta in pasta di zucchero.

Be Sweet è la seconda traccia, co-scritta con Jack Tatum degli Wild Nothing. Un’esecuzione da manuale di un brano leggero, orecchiabile, estremamente pop e capace di entrarti in testa al secondo ritornello netto, tanto che l’artista stessa ha dichiarato ricordarle tipiche sonorità di colossi del panorama 80s-pop come Madonna, Whitney Huston e Janet Jackson. Kokomono IN e Savage Good Boy sono al contempo tracce sorelle e acerrime nemiche; da un lato la malinconia e tenera fragilità degli amori adolescenziali, dall’altra la rappresentazione di un amore contorto, un capitalismo senza ritegno e un avido romanticismo surreale “I want to make the money until there’s no more to be made/And we will be so wealthy I’m absolved from questioning”.

Ciò che dispiace di più, esulando dall’aspetto musicale dell’album, è notare come la rinascita di quest’artista a seguito delle sue precedenti pubblicazioni, ci racconti poco e niente della sua evoluzione di figlia, donna e persona. Molte delle tracce sono viaggi di fantasia, storie che Japanese Breakfast inventa nella propria mente ispirandosi a tutto ciò che la circonda: i film anime di Satoshi Kon, un titolo di giornale, una contorsione romanzata di ricordi passati e così via. Side Tackle è forse la traccia più interessante, a detta della cantante una “fussy bitch”. È stata la traccia più complicata da chiudere, un pezzo che ha subito modifiche su modifiche prima di diventare un prodotto finito che ci riporta diretti negli anni ’70 ma anche un po’ nel 2012 a bussare alla porta di Carly Rae Jepsen e delle HAIM.

Il tono alt-pop viene mantenuto per circa tutta la durata dell’album, a prescindere dai temi trattati o dalla loro carica emotiva. Posing in Bondage, ad esempio, arriva a seguito di Side Tackle incombendo come un temporale in una giornata di pieno agosto distribuendo una sensazione di vacuità e di solitudine che oppone inesorabilmente il lucido synth-pop di accompagnamento ad un testo cupo e pesante. Posing in Cars chiude l’album come una lunga, toccante e sincera dichiarazione d’amore. È l’osservazione di due anime che si amano, della solitudine e dell’amore che cresce incontrollabile dallo stomaco. È una toccante narrazione, una storia nella storia dato che contiene in sé un solo di chitarra emozionante che va a coprire in crescendo gli ultimi 4 minuti di traccia (e di album). È una lenta ballata che racchiude tutto ciò che in una relazione è difficile dirsi a parole e che ci fa immaginare due innamorati che danzano abbracciati in mezzo alle corsie di un supermercato, noncuranti del mondo al di fuori di loro.

Japanese Breakfast dimostra ancora una volta di essere completamente in grado di scrivere testi di una profondità unica e di possedere una sensibilità rara. Alla fine Jubilee è un album maturo, sicuro ed ambizioso, in linea di massima un prodotto ben fatto ma non entusiasmante. A tratti lento, noioso e dalle sonorità estremamente generiche e troppo ricercatamente catchy. Il motivo per cui vi piace tanto Be Sweet non è di certo grazie all’originalità del pezzo, quanto invece alla stucchevole somiglianza con un’iconica, ma ormai trita e ritrita Cyndi Lauper. Qualcosa non ha funzionato come doveva, la rinascita della cantante sembrerebbe essere ancora un work in progress e questa pioggia di coriandoli a pignatta delle melodie sembra la forzatura di una felicità che forse ancora non ha raggiunto un giusto stadio di maturazione.

Tracce consigliate: Side Tackle, Be Sweet