Sarò sincero con voi. Sarebbe davvero fin troppo facile stroncare in pieno questa terza fatica dei Glass Animals, buttare lì un brutto voto in testa alla recensione e procedere a sputare veleno su un lavoro mediocre. Mi piacerebbe e sarebbe molto facile, forse anche più divertente, ma a tutti gli effetti scorretto. E non solo nei confronti della band di Dave Bayley, ma lo sarei soprattutto verso chi legge queste parole.

Dreamland, purtroppo, non è un disco così di merda.

Dico purtroppo perché ha tutte le carte in regola per esserlo. Nelle sue dodici tracce (sedici se contiamo le registrazioni nostalgicone che fanno da intermezzi) raramente ci si sposta da un registro upbeat-ma-scazzato e da sonorità dreamy piene di glitter e drum machine. Le tracce hanno così poca personalità che si fatica a distinguerle, soprattutto nel blocco centrale del disco. Il risultato è un ascolto monotono, mai del tutto coinvolgente e sporadicamente incalzante, quasi diametralmente opposto ai lavori precedenti della band che, pur risultando un po’ acerbi (Zaba) o un po’ confusionari (How To Be a Human Being) convincevano per varietà, originalità e soprattutto verve, tanta tantissima irresistibile verve. Chi conosce l’attacco di Life Itself o il ritornello di Pools sa a cosa mi riferisco quando dico che i Glass Animals hanno firmato alcuni dei pezzi pop più divertenti degli ultimi cinque anni. Ed è proprio nei momenti in cui ricalca le atmosfere dei predecessori che Dreamland dà il meglio di sé (Your Love (Déjà Vu), Hot Sugar), che infatti sembra prendere le atmosfere più distese di How To Be a Human Being per costruirsi una personalità tutta sua fatta di nostalgia 90s in salsa vaporwave, con riferimenti a Pokemon, Crash Bandicoot, Destiny’s Child e Karate Kid sparsi per tutti i quarantacinque minuti di durata.

Anche considerando tutto questo, tuttavia, sarebbe ingiusto bollare Dreamland come un brutto disco, a partire dal fatto che in nessun momento risulta spiacevole o mal riuscito. Il disco scorre benissimo, la voce di Bayley funziona bene come sempre e per quanto poco ispirati e simili tra loro i diversi brani hanno una loro personalità. Più che un brutto album dei Glass Animals, Dreamland suona come una raccolta di demo e b-side, una sorta di versione diluita di una band che ci ha abituati a prove grezze ma indubbiamente magniloquenti. Se seguite i Glass Animals da un po’ non potrete che restare almeno un po’ delusi da questo ridimensionamento, ma troverete in Dreamland tutti i marchi di fabbrica di casa Glass Animals, dalle trasizioni azzeccatissime (Domestic Bliss) a veri e propri earworm che vi accompagneranno per settimane (Tangerine).

Sarebbe stato molto più facile se Dreamland fosse stato un brutto album, ma così non è. Se vi aspettavate un altro album variopinto e sorprendente come lo sono stati gli scorsi lavori potete tranquillamente skippare l’ascolto; se invece siete in cerca di un album chill che accompagni la fine dell’estate, magari guidando al tramonto dopo una giornata al mare, Dreamland potrebbe risultare la colonna sonora giusta per il video recap delle vacanze. Dreamland è la differenza tra un passo falso e un capitolo debole, tra Il Ritorno dello Jedi e Gli Ultimi Jedi, tra New Coke e Vanilla Coke, tra un passo indietro e uno scivolone. Gli animali di vetro camminano su ghiaccio sottile ma, per il momento, restano in piedi.

Tracce consigliate: Your Love (Déjà Vu), Domestic Bliss