La crescita di Gazzelle rispetto agli esordi, nel corso di un anno e mezzo, è stata evidente. Parole, arrangiamenti, video: tutto è aumentato, tutto è migliorato. Tipo una pignatta che da chi sta giocando viene colpita in pieno e si apre sprigionando improvvisamente le sorprese. E adesso ci troviamo a raccoglierli, questi doni. Punk è il compimento di quello che già i singoli Tutta la vitaSopra e Scintille avevano preannunciato: un misto bittersweet – un album in cui ai testi estremamente malinconici fanno da contrappeso invece (con diverse gradazioni) le basi su cui si incastona la voce di Gazzelle. Le sezioni strumentali di alcune tracce sono molto energiche, spiccano, sollecitano: in generale, i suoni di Punk sono meno plastici rispetto a Superbattito. Le basi sono più articolate, ricche e presenti; una polifonia non più governata interamente dalla scia sognante del synth (che pure torna prepotente, per esempio, alla fine di SbattiTutta la vita), ma equilibrata, insieme alle componenti digitali, con gli usi di chitarra, piano, batteria. Subentra poi il fatto della giuntura, il punto d’unione tra musica e parole: ed è forse questa saldatura una delle cose più belle che Gazzelle è riuscito a perseguire.

Infatti, tra strumentali che, come detto, risultano energiche e comunque tendenti alla positività, riescono a mettere le radici versi come “Attacchi prima tu / O attacco prima io? / Che poi alla fine mi ci attacco solo io / Mentre tu ancora voli forte / Come le foglie morte / Sopra i vetri delle macchine / E io sto ancora collaudando / Un piano per non starti accanto / Mentre la vita mi scombussola” [Sbatti], oppure quel “che noia” ripetuto fino allo sfinimento, di fondo, in OMG, o, ancora, si prenda tutta la struttura di Sopra: non ci crede nessuno che in fondo sotto si stia bene, e lo conferma il fatto che la canzone sia in sostanza una danza gioiosa, ma al tempo stesso amarissima (ben disegnata nel video, in cui i ballerini si lasciano andare ad una coreografia fatta di tira e molla, nel mezzo della notte, in una cornice di luci al neon, birre e vetrine del chiosco dello zozzone). Insomma, si avverte una certa tensione tra le componenti del disco, che pulsa e si propone come uno dei tratti più belli di tutto il lavoro.

Ma andiamo oltre, perché va detto che Punk è una di quelle dramedy che ha i connotati (e i presupposti) per diventare un cult-movie; la sinfonia dolceamara dell’album infatti si modella soprattutto nella forma di inni, che peraltro saranno perfetti per i palazzetti che ospiteranno Gazzelle. Inni generazionali per chi si riconosce in parole che fanno “ma abbiamo tutta la vita davanti / sì, davanti a un bar“, “ti amo sai / è tutto quello che non dico mai“, “Preso male che non c’è / più nessuno come te“. In Punk trova comoda posizione una canzone come Non c’è niente, che è un aiuto, una presa di coscienza, una pacca sulla spalla per chi si sente perso nell’apatia, nell’indifferenza, insomma, per chi vive una fase di notte fonda e sente che l’alba è ancora lontana.

E allora Punk, per quanto possa sembrare il contrario, non risulta essere un disco intimo. O almeno: non è un disco concepito esclusivamente dall’intimità del suo autore. Si pensi ad un video di uno di quei singoli che uscirono subito dopo il debut album, Stelle filanti: Gazzelle che gira per Roma, attento, con un monopattino. Ecco, le canzoni di Punk si possono immaginare frutto di quello sguardo che osserva tutto intorno. Lo sguardo di un cantautore che ha dentro di sé un mare di parole, che le aveva prima impiegate nello spazio ristretto di una cameretta, quello dell’andatura introversa di Superbattito; e adesso ha deciso invece di declinarle a servizio di un fine più grande: raccontare l’epopea dell’ansia sentimentale che attanaglia la sua generazione. Raccontarla, capirla ed affrontarla secondo la sua sensibilità. Un atto che potrebbe pure non servire a niente, ma è pur sempre sovversivo. Prendere di petto il mostro che tu – e tanti altri – porti dentro è un atto punk, appunto. Ed ecco che quindi il titolo di questo disco non appare più tanto come un’antifrasi, ma assume un suo senso importante. Insomma, si potrebbe cominciare ad ascoltare il secondo album di Gazzelle, e anziché causa di assunzione di Xanax, lo si potrebbe usare per coprirsi le spalle quando si ha freddo.

Gazzelle, con Punk, ci informa, qualora non ce ne fossimo accorti, che ha trovato la sua cifra stilistica, indipendentemente da ciò che lo circonda. Le sue-e-soltanto-sue idee hanno vinto, la sua musica si è assestata, ha creato un ponte forte e resistente con i fan, i detrattori dovrebbero rivedere le proprie posizioni. In poche parole, il pop di Gazzelle è definitivamente decollato e lui stesso è il solo pilota al comando.

Tracce consigliate: Coprimi le spalle, Sopra, Non c’è niente