Che East India Youth fosse un tipo più che ok lo si era capito lo scorso anno con l’ottimo debutto Total Strife Forever. Zitto zitto quatto quatto il buon William Doyle aveva spiazzato tutti all’inizio del 2014, sparando la prima bomba effettiva dell’anno. L’unica pecca del disco era la personalità che talvolta veniva meno, in favore di soluzioni un po’ piacione che cavalcavano l’onda dei trend dei 12 mesi appena lasciati alle spalle.
Non contento di essere acclamato a destra e a manca, Will ha scritto e registrato in soli 12 mesi, e quasi completamente nel suo appartamento londinese, questo Culture of Volume. Non ci resta che capire se il fenomeno East India Youth abbia deciso di giocarsi tutti gli assi nella manica, per reggersi, una volta per tutte, solo ed esclusivamente sulle sue gambe.

Il tributo a Tim Hecker nel tremolante opener The Juddering è forte (così come lo era nell’opener di Total Strife Forever), ma è subito stemperato da End Result: un pezzo pop costruito su piano granulare e voce, arricchito da batteria analogica, bassi caldi e synth paradisiaci. Ciò che accade nella doppietta seguente Beaming White / Turn Away ha dello sconcertante: bassi saltellanti e atmosfere 80s, voce angelica e ritmi che ti fanno muovere inconsapevolmente; e poi quei synth, quelle rincorse soniche venate di pop che elevano e al contempo si incastonano nel cervello. Hearts that Never ed Entirety spingono invece con una cassa in quarti, la prima mantenendosi sempre su lande pop con inserti retrofuturistici a 16 bit, la seconda con vere e proprie statiche bordate techno interrotte da pause ambient (Jon Hopkins che ne pensi?). Carousel ci fa riposare un istante: dolce e lunga ballata in cui la voce di William si amalgama perfettamente ai droni sottostanti, che sul finale si innalzano in un paradiso di rumore. Altro pezzone electro-pop (Don’t Look Backwards) e poi i 10 minuti di Manner of Words: per metà pop sintetico scandito con tempi sincopati, per metà drone che sfuma nella strumentale conclusiva Montage Resolution: arpeggiatori infiniti e bassi abrasivi.

La linea che in Total Strife Forever separava (quasi) nettamente il confine tra pop e sperimentazione elettronica si dissolve dunque in Culture of Volume, in favore di un prodotto tanto fruibile quanto attento alla composizione artistica.
Sì. East India Youth è un progetto sensato, forte, personale, che non morirà affossato dall’hype (che a dirla tutta non c’è mai stato) e dalle fredde logiche di mercato. Nessun poserismo, è tutta farina del sacco di Will, quel giovane personaggio elegante che dietro alle macchine diventa un genietto.
In altri termini: un gran disco che ascolterete molte e più volte.

Tracce consigliate: Beaming White, Turn Away.