A dispetto del suo nome, Destroyer si pone in netta contrapposizione col concetto nichilista di distruzione. Giunto ormai al decimo anno di attività, il progetto capitanato da quel genietto di Dan Bajer può vantare una produzione di tutto rispetto in primis dal punto di vista quantitativo (visto e considerato che rappresenta comunque uno tra i progetti di Dan), ma soprattutto dal punto di vista qualitativo. Giunti ad un 2015 che in quanto ad innovazione ci ha detto davvero  ̶u̶n̶ ̶c̶a̶z̶z̶o̶ ̶d̶i̶ ̶n̶i̶e̶n̶t̶e̶  poco, Dan e compagni sono tornati alle origini, distaccandosi da Kaputt, riuscendo a dimostrare che certe volte la vera rivoluzione risiede nella normalità ben costruita.

Poison Season è una sorta di nuovo inizio, un viaggio tra i fiumi di The River ed un insolito incontro (Midnight Meet the Rain). Lungo 13 tracce si snoda questo sontuoso percorso tra cantautorato, swing, folk, insomma molti e molti elementi a cui i Destroyer ci avevano già abituato. Non mancano i riferimenti e le somiglianze con grandissimi del passato: se Dream Lover ha un tiro degno di Bruce SpringsteenTimes Square sembra rifarsi ad una generazione completamente differente, quella dei Wilco. Il disco è un alternarsi di alte e basse intensità, di inni alla gioia ed intime ballate. se la già citata Times Square è uno squisito pezzo pop, questo non si può dire di Archer on The Beach, traccia più orientata verso il soul. Ed ancora, le lacrime si sprecano su Bangkok ed il suo crescendo di piano; Sun in the Sky, di tutt’altro tenore, rappresenta invece la maturità, con le sue verità e i suoi dubbi: “you don’t start the fire, you just turn it on” e “What’s in that dark love? Is it a song about Gloria?“. Tutto si chiude con Times Square, Poison Season II (inizialmente non separata dall’opening Time Square, Poison Season I) che ci lascia col messaggio più inflazionato e più bello di tutti: “Oh you can fall in love“.

Ci si può innamorare, sì, di questo album. Poison Season è un album che sa essere delicato, leggero, ma allo stesso tempo d’impatto; gli archi, i fiati, le note soul e gli sporadici elementi di jazz fanno da contorno perfetto a quello che è a tutti gli effetti un altro lavoro riuscito. Poison Season non è un album per addormentarsi da soli; è un album da sentire insieme, prima di addormentarsi.

Tracce consigliate: Bangkok, Times Square