Nella grande e luminosa sede redazionale di Deer Waves, tra una foto e l’altra di Grimes e del sano terrorismo e minacce per accaparrarsi i dischi più interessanti, ad un certo punto c’è stata una discussione sui generi musicali da coprire. Va bene la musica indipendente, va bene fare un po’ i coglioni e recensire Ricky Martin, ma quando si parla di ottimi album di generi non ortodossi per Deer Waves stessa, quanto ne potremmo parlare? Quanto vorremmo farlo? Questo problema si è riproposto quando è uscito l’impressionante monumento al jazz The Epic di Kamasi Washington, e si ripropone ora al momento della recensione del nuovo disco degli orfani del black metal Deafheaven. La conclusione, alla fine, è sempre la stessa: ci sono dei dischi dei quali non si può non parlare. E infatti eccomi che parlo di New Bermuda dei Deafheaven.

Il contrasto tra bianco e nero come nel nome del gruppo sulla copertina del disco e tutte quelle cose banali degli opposti e dei contrasti, da questo si può partire per descrivere il nuovo disco dei Deafheaven. Il blast beat della batteria non è un’arma a ripetizione semplice, il batterista Daniel Tracy è uno stregone che unito alle chitarre a loro volta intrecciate crea il corrispettivo sonoro di una violenta tormenta dalla quale non si può volgere lo sguardo. Alcuni break, così come la produzione o la distorsione, sono più da post metal, metalcore o da vecchio thrash della bay area più che da black metal, e infatti ad un certo punto arriva pure l’assolone in wah (Baby Blue) che ha fatto fischiare le orecchie a Kirk Hammett, e ogni tanto i chitarroni picchiano a suon di triplette. C’è anche una preziosa vena di post rock che si fa spazio e si costruisce un monumento cristallino tra i suoni potenti. Il risultato è un post black metal contratto, che ha perso le parti shoegaze del precedente ottimo Sunbather (così come si è perso il rosa: qui è tutto nero) ma che quando si distende rilascia un’energia inimmaginabile, a sferzare i timpani come ci piace tanto. Si può dire poi che in New Bermuda non ci sia niente di musicalmente troppo complesso, ma che tutto sia indirizzato all’effetto, tant’è che al climax del singolo bomba Come Back segue un bridge melodico che passa per una classica scala maggiore di Do – al contrario, chiaro, my sweet Satan – ed è tutto bellissimo così.

Nel primo pezzo del disco Brought To The Water, dopo le sfuriate iniziali i Deafheaven citano facendo i vaghi il ritornello di In Bloom dei Nirvana (che col black metal hanno condiviso giusto gli anni dei fasti) per mettere subito in chiaro che lo scheletro della band è completo, le ossa ci son tutte e belle piene di calcio e ferro (eheh) e le basi sono solide, prima di perdersi nel primo sospeso post rock e ritornare per il finale alle chitarre ruvide.

La tormenta New Bermuda (bel nome per una tormenta no?) si placa alla fine quando son passati quasi 50 minuti in accordi di piano alla fine dell’ultima Gifts For The Earth, e ci lascia spiazzati: dall’acqua alla terra, abbiamo finito il cammino nella calma (e citando nel giro armonico, già che c’eravamo, Carousel dei Motorpsycho). Siamo passati per la bella e a suo modo dolce Luna, la dura e più classica Baby Blue e il pezzone Come Back con tracce che mai sono scesi sotto gli 8 minuti e che hanno contrapposto rabbia incredibile a momenti melodici elegiaci.

Nella gara a capire chi è più hipster tra chi ascolta i Deafheaven perché Pitchfork li elogia e quelli che li detestano per contrasto resta una cosa da considerare in New Bermuda: la musica. Il disco è ispirato, ben suonato, i riff sono duri e permettono di apprezzare ancora meglio i momenti di calma limpida, la batteria è tiratissima e la voce di Clarke più raschiante che mai; insomma quello che ci troviamo di fronte è un ottimo disco metal. Se (ho detto SE) il metal o il post sono esausti, gente come i Deafheaven li rivitalizza mischiandoli tra loro, valorizzandoli per contrasto e facendoli risuonare, enormi e di nuovo solenni, nella grande sala dei dischidellamadonna(™). E di questo dovremmo ringraziarli, anche questa volta. Sennò ascoltatevi Papa Bergoglio.

Tracce consigliate: Come Back, Gifts For The Earth