Capita sovente che artisti e band vengano screditati o passino inosservati solo perché “fuori tempo massimo” o più semplicemente perché “basta con ‘ste cose tutte uguali”. E i Broods potrebbero tranquillamente far parte di questa categoria, perché fare synth-pop à la CHVRCHES mischiato al minimalismo di Lorde oggi è un pochino rischioso, ma… c’è un ma.

Il duo neozelandese si presenta al grande pubblico sotto la Universal, dopo il giustissimo EP self-titled dello scorso marzo, con 41 minuti di ottimo pop pieno di synth altrettanto belli e poi alla produzione c’è Joel Little, che l’anno scorso fece la fortuna producendo l’album di Lorde da capo a coda. Un mood musicale che si ripete anche in Evergreen, specialmente nel kit di percussioni usato che in pratica è lo stesso della ragazza di Royals, giusto un po’ più elaborato e volutamente più accattivante e deciso. Ad arricchire il tutto (sì, perché alla fine Pure Heroine lasciava un po’ con le tasche vuote) c’è un vasto assortimento di low-frequency pad-synth che, sparati a mille nei ritornelli, ti portano a volare altissimo, anche quando il pezzo magari te l’ha fatta scendere durante la strofa.

La prima metà dell’album ha tutto il sapore di un greatest hits, dove un pezzo tira l’altro e si continua a premere “rewind” per risentire i brani perché, amici, facciamo i seri: Bridges è uno dei migliori brani pop dell’anno e i suoi 8 milioni di ascolti su Spotify ne sono la definitiva consacrazione. Mother & Father e Everytime altri due pezzi micidiali, che faranno perdere il controllo a tutti i fan dei CHVRCHES. Never Gonna Change (già presente nell’EP), nonostante sia una copia spudorata di Bloodflows di SOHN, chiude benissimo la prima parte di tracklist.

Nella seconda metà, invece, troviamo un insieme di brani un po’ noiosi presi da un’ipotetica deluxe edition di Pure Heroine (ascoltatevi Buzzcoat Season di Lorde e poi Sober dei Broods). Ed è proprio questo gruppo di brani a rovinare quello che poteva essere un lavoro decente e piacevole con sonorità scadenti, melodie banali e tanta noia. Impossibile non pensare a Banks e compagnia bella negli ultimi 20 minuti. Veramente “che palle“, amici. Skippate duro e tornate ai primi pezzi perché veramente sono fichissimi e aspettate che qualche stronzo si accorga della potenza di quei 3-4 pezzi e li piazzi in qualche spot dreamy pieni di figa. Nel 2016 magari.

Tracce consigliate: Bridges.