In Islanda nessuno ti dice se sei bravo o meno, per questo vai dritto per la tua strada e canti, dipingi, scrivi. La gratificazione di una vita impegnata è esponenzialmente maggiore del profitto in soldoni che ne ricavi; per dire che se parli di mercato discografico da quelle parti ti daranno indicazioni per raggiungere una bancarella di dischi.
C’è una grande luce puntata sull’Islanda. Uno dei nuovi acquisti dell’isola, John Grant, ha sentito odore di next big something dopo l’ascolto del debutto dell’allora ventenne Ásgeir tale da diventare suo primo fan, aiutandolo nella traduzione dei testi oltre ad essere protagonista del suo primo video.

C’è così bisogno di far scoprire al mondo il tesoro nascosto nella maestosa città di Laugarbakki?
Partiamo dai numeri: 30k copie. Vuol dire che un islandese su dieci lo possiede. In The Silence non farà il botto altrove ma state certi che vi farà drizzare ogni singolo pelo cutaneo. Perché un disco vero, slegato dal culto della canzone popolare vichinga di Jónsi e radicato nella tradizione folk islandese che non vuol dire sinfonia orchestrale inglesizzata degli Of Monsters And Men. Non è solo la voce di Ásgeir che mette d’accordo tutti, ma il legame professionale oltre che umano tra padre e figlio, una storia strappalacrime che diventa motivo di orgoglio nazional popolare: è infatti il 72enne a scrivere i testi, racchiudendo cento anni di tradizione in un solo supporto rigido. Attorno ai due c’è l’orizzontale paesaggio incontaminato in cui riecheggia una chitarra acustica quasi sampledelica. E’ il caso di Higher, che apre il disco in punta di piedi con il motto look out the world, preso alla lettera dalle moderate pulsazioni elettroniche che emettono brani come Going Home, papabile sonora della scioglimento dei ghiacciai con un velato pessimismo in pieno stile Ólafur Arnalds. Ai nordici virtuosismi di Torrent si contrappone la sensibilità noir del beat di King And Cross, che darà consolazione alla nostra memoria segnata dall’abbondanza musicale che stiamo vivendo.

Rispondo no alla domanda. Head In The Snow è l’emblema del percorso compositivo che il nostro sta compiendo, un brano in cui un torrenziale arpeggio math interrompe uno scroscio di beats à la Machinedrum fin troppo silenzioso. John Grant avrà da lavorare. Urge sophomore.
Rispondo sì alla domanda. In termini naturalistici se Bjork è il vulcano che ha bloccato tutto e i Sigur Rós sono uno di quei geyser che spuntano dal nulla, Ásgeir è una nube sotterranea con un potenziale da Vesuvio che stupirà noi terroni d’Europa. Urge comunque un fottuto sophomore.

Tracce consigliates: King And CrossTorrent