L’onda lunga delle #ragazzeconlachitarra non accenna a calare. Vuoi per il caso, vuoi perché finalmente ci siamo accorti che tutte le storie che stavano raccontando avevano più dignità e senso di esistere dei loro colleghi maschietti, e che le loro melodie funzionavano anche meglio. Come al solito però, il compito l’abbiamo fatto a metà: le ascoltiamo, le amiamo, ma finiamo per infilarle sempre in uno scatolone ben preciso. Uno scatolone con un’etichetta vaga, dentro al quale troviamo St. Vincent e Weyes Blood, Phoebe Bridgers e Waxahatchee, Frankie Cosmos e Courtney Barnett, e via dicendo. Tanti stili e tante voci diverse, che meriterebbero ben più di bizzarri accostamenti l’una con l’altra e del tremendo e vago tag “female vocalistsu Last.Fm.

In questo scatolone pieno di artiste c’è anche Anna Burch. Non sarà il nome che vi salterà per primo alla mente, e probabilmente non l’avevate mai sentita nominare, ma il suo Quit The Curse può essere sicuramente considerato tra i dischi jangle pop (mi verrebbe quasi da dire twee) degli ultimi anni. Succede che nel 2019, dopo aver suonato praticamente in tutto il mondo, Anna torna a casa e inizia una serie di traslochi che coincidono proprio con il classico esaurimento da fine tour. Non stupisce allora che i testi di If You’re Dreaming – con Anna che parla quasi sempre di se in terza persona – lascino trasparire parecchia disillusione, stanchezza, e quella sensazione che le cose, semplicemente, è meglio lasciarsele scorrere addosso.

When the summer ends / Baby’s got the bends / Do we have to go? / Could we just stay home? (Party’s Over)

Musicalmente le coordinate sono le stesse del debutto: un mix di melodie Sixties (Ronettes e Shangri-Las) e riff indie pop debitori di Beat Happening e Vaselines, anche se stavolta – vista la virata introspettiva dei testi – le chitarre passano in secondo piano rispetto a Quit The Curse, limitandosi ad accompagnare i brani. Party’s Over e Not So Bad non avrebbero comunque sfigurato nel debut album, mentre Every Feeling e Tell Me What’s True sono l’esatto opposto: la prima galleggia in punta di plettro come fosse un lento al ballo della scuola, la seconda è una piano-ballad fatta e finita, senza dubbi il miglior pezzo del disco.

When I used to hate myself / I saw things so clearly (Tell Me What’s True)

If You’re Dreaming è capace di regalare sprazzi di luce anche in una giornata buia, figuratevi in un ozioso pomeriggio di fine aprile. Però diciamolo: non sarà questo il disco che vi cambierà la vita, nonostante il suo ascolto sia decisamente piacevole. La forza e la genuinità di Quit The Curse lasciano strada – purtroppo – anche a pezzi che scorrono senza lasciare grosse tracce. Le influenze citate più volte dalla Burch nelle interviste – oltre ai nomi sopra anche i più recenti Best Coast, Alvvays e Angel Olsen – hanno già fatto tutto questo e l’hanno fatto meglio. Mi dispiace Anna, non sarà questo il disco che contribuirà ad eliminare l’etichetta alle #ragazzeconlachitarra. Anzi, tutt’altro.

Tracce consigliate: Tell Me What’s True, Every Feeling, Party’s Over