Vinavil è il singolo di Giorgio Poi che segna qualcosa di importante, la chiave che apre una porta da tempo chiusa ma che si voleva aperta. Con Vinavil, in sostanza, ci è stata offerta direttamente da Giorgio la scenografia entro cui metaforizzare la sua posizione, oggi, nel panorama musicale italiano. Stiamo parlando di Art Attack, il noto programma condotto da Giovanni Muciaccia che ha permesso a milioni di ragazzi di non usare altre forbici al di fuori di quelle con la punta arrotondata e altra colla al di fuori di quella vinilica.

Il video di Vinavil è uno spettacolo: si racconta la vita difficile del protagonista, personaggio fortemente ispirato a Muciaccia, che conduce appunto il suo programma, ma al di fuori del set televisivo coloratissimo e apparentemente giocondo, regnano forti la malinconia e la tristezza, sentimenti cupi simbolizzati dalla presenza di un inquietante mostriciattolo in cartapesta (e una nota di merito va anche alla ricostruzione del Kapo, la testa parlante che già in Art Attack poteva essere frutto di incubi, e proprio per questo fatto, il suo profilo nella clip di Vinavil diventa quasi horror).

Insomma, in questo nuovo singolo, Giorgio Poi ha scelto di raccontare una storia che ha come sfondo Art Attack e l’immaginario connesso a quel programma televisivo. Ma noi ora facciamo un passo in avanti, ed oltre ad apprezzare all’infinito il cuore strano di cera e di Vinavil che ti si scioglie in mano, possiamo apprezzare questa nuova uscita perché, come dicevamo, ci ha offerto la chiave di volta per capire un pizzico meglio Giorgio Poi.

Ci serve proprio Art Attack, la sua sigla iniziale, per la precisione. C’è un pennello che dipinge una striscia gialla su del cartoncino, e la voce di Muciaccia fuori campo che dice “questo è un art attack“; poi stacco, e c’è Neil il grande artista che saltella a mo’ di canguro dentro qualcosa che somiglia a un sacco a pelo, di nuovo la stessa voce fuori campo che ripete “questo è un art attack“; infine, altra immagine di un lavoro in corso sulla scrivania e l’esclamazione finale di Muciaccia “questo è! Art Attack“. Ecco, ormai, quando arriva un nuovo singolo di Giorgio Poi, noi lo accogliamo come l’ultima frase di Giovanni Muciaccia: togliamo ogni articolo indeterminativo e mettiamo le lettere maiuscole, “questo è! Giorgio Poi“, ovvero, questo è una delle cose migliori che una chitarra e una voce italiana stanno facendo oggi.

Lo sappiamo, lo sappiamo da tempo noi e anche i Phoenix, dai tempi di Tubature, dal debutto in italiano Fa niente. Giorgio Poi scrive dei testi bellissimi, elaborati, che strizzano gli occhi ai grandi poeti della musica italiana, ma a questa componente ha saputo aggiungere quel pizzico di confusione in più; confusione data, ad esempio, dalle traiettorie dei versi, spesso interrotte e deviate, che possono pure non incappare mai nella strada di un ritornello, ma fanno dei giri immensi e poi ritornano (*compaiono Ray-Ban dalle lenti gialle*). Inoltre – tratto che è diventato quasi proverbiale -, ha saputo inzuppare tutta la sua musica nell’atmosfera acida à la Mac Demarco, cosa evidentissima nelle chitarre ma anche nella voce.

La voce, appunto. La voce di Giorgio Poi è un antistress, un antidoto contro la solitudine (*appare scrittore americano molto noto*), i suoi racconti in musica sono fluttuanti, dolci ma al tempo stesso stridenti, e – cosa che dovrebbe sembrare ovvia ma non lo è – mantiene lo stesso valore anche nei live, perché diciamolo, Giorgio Poi è uno di quegli artisti che in concerto si mantiene sulle stesse altezze di quelle raggiunte in studio.

Ma la cosa forse più importante, e che Vinavil è arrivata a confermare ormai definitivamente, è che Giorgio Poi è tornato a dare senso a un’etichetta da tempo sbiadita: il cantautore di Novara sta ridando senso al concetto di alternative, e lo sta facendo per come propone le sue chitarre, le sue parole, perfino il suo abbigliamento: insomma, per le sue idee di musica in generale. La sua posizione si trova in un parcheggio alternativo rispetto al sempre-più-omogeneo terreno itpop, un po’ come le proposte, più hip-hop, di Frah Quintale, e non è un caso, allora, che la loro Missili sia stata una delle canzoni italiane più apprezzate dell’anno.

Insomma, come direbbe Giovanni Muciaccia nell’ultimo passaggio della sigla del suo programma, “Giorgio poi è! Art Attack“, e via la sigla sparata al massimo (sparata al massimo, da ore, è Vinavil). Ed ecco che il programma cult di mamma Rai, ripreso da Poi stesso, ci ha offerto la chiave giusta per metaforizzare meglio il suo lavoro rispetto a tutti gli altri. Un lavoro senza articolo indeterminativo e con la lettera maiuscola.

Non ci resta dunque che sperare che questo ultimo singolo sia un preludio ad un progetto più ampio, nuovo e imminente; eh, Giorgio?! Come stiamo messi col nuovo disco? Fatto?