Ci sono gli album che si fanno ascoltare con piacere e quelli che si fanno anche guardare con avidità. Fa niente, esordio in italiano di Giorgio Poi per Bomba Dischi, rientra di gran lunga nella seconda categoria. Abbronzatura non è soltanto la traccia d’apertura: è quella dissolvenza cinematografica con cui il protagonista di un film affoga dolcemente nei ricordi; è il flashback sbiadito e un filino malinconico che interrompe per un attimo il corso della storia.

Il salto indietro, in questo caso, è verso i grandi protagonisti della musica italiana degli anni ’70-’80. Se versi come “e tu, che non ci credi più, mi hai detto non ce l’ho”  potrebbero riportarci al primo Vasco, l’eco di CiampiBattisti è senz’altro presente, così come una certa influenza di Dalla. Non a caso la frase più suggestiva del disco, la meravigliosa fotografia di “un tuffo dal cuore alla pancia” mentre “mi guardi e ti sbucci un’arancia”, sembra un omaggio al celebre “Io che qui sto morendo e tu che mangi il gelato” del cantautore bolognese.

Giorgio Poi la tradizione italiana l’ha però sciolta in chitarre acide à la Mac Demarco, quasi più importanti delle voci, e in un arrangiamento crudo e psichedelico. La buona notizia è che funziona benissimo: i suoni nostalgici e distorti fanno da sfondo a brani che assomigliano a racconti, nati nell’angusto spazio di un appartamento, ma che hanno lo sguardo rivolto altrove, magari verso una località di mare, come suggeriscono i continui richiami al colore blu e all’acqua in generale. Le nove tracce di Fa niente – comprese le immancabili brevi strumentali  in pieno stile Bomba Dischi – sono allora canzoni liquide che fuggono i ritornelli e l’aria di città attraversando tombini e tubature, ma che, una volta ascoltate, certo non scivolano addosso.
I sei minuti di Paracadute, ad esempio, si  bevono in un sorso, o forse si sognano in un attimo, ma in ogni caso proiettano una serie di immagini che non svaniscono col tempo: il cuscino, il dentifricio, la sveglia, la macchina friggitrice, il cuoco ubriaco, il cameriere che è una spia…

Se a questo punto Giorgio Poi è sincero quando dice che “i sogni degli altri che noia mortale doverli ascoltare, i miei non li racconto mai” non resta che cogliere l’attimo e cercare di interpretare quelli che ha lasciato trapelare in questo primo disco.

La speranza, manco a dirlo, è che questo ‘strappo alla regola’ si ripeta a breve.

Tracce consigliate: Tubature, Paracadute