Sempre più spesso si sente ripetere un triste ritornello, che lamenta l’assenza di eventi stimolanti o originali nella Capitale (non ancora addebitati all’irresponsabilità della nuova Giunta, quanto meno). Poco frequentemente si ammette, tuttavia, che di occasioni curiose in calendario ce ne siano, ma rimangono pigramente accantonate o consapevolmente ignorate, perdendo la chance di lasciarsi sorprendere da qualcosa di nuovo.

Gli Yumi Zouma sono al debutto, freschissimi di pubblicazione del primo album Yoncalla qualche mese fa: la scommessa romana li attende sul palco del Teatro Quirinetta in un placido Venerdì sera, non ostacolato da parties mondani di sorta che potrebbero attirare un pubblico più affollato. Eppure, nonostante le condizioni per venire in gran numero piacevolmente stupiti fossero tutte soddisfatte, a presenziare in ascolto dei promettenti neo zelandesi siamo in pochi, per quanto sinceramente appassionati. Qualche coppietta indie, mano nella mano, addolcisce il quadro d’una tenerezza giovanile, attori di una scenografia twee cui volgiamo ad inserirci.

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Lo sfondo dello stage è decorato da una scritta a neon rosa, che rimarrà l’unica luce accesa dal principio alla fine del live, dissipando le tensioni da traffico e parcheggio introvabile, accogliendoci nel personale night club di cui gli Yumi Zouma sono chaperons. Tre i membri del gruppo presenti (uno manca all’appello, non ci è dato conoscerne le ragioni), timidamente emozionati e goffamente affettuosi; maestra di cerimonia è Christie Simpson, voce e leader fra uomini, moderna Lolita che fa le fusa all’udito e sensualmente si mostra giocosa come un’adolescente che scopre l’amore.

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Nessun opening anticipa l’arrivo della band, distribuita rigorosamente sul palco seguendo un’ideale linea orizzontale: non puntualmente gli angoli vuoti vengono coperti, l’interazione fra i tre non è ben affiatata, ma appare evidente che tale aspetto non sia dovuto ad una carenza di complicità umana, quanto ad un’esperienza non ancora collaudata a dovere. I synth sono puliti, l’acustica non sacrifica le doppie voci (intonate nel più classico degli stili dream pop), e gli Zouma si dimostrano ottimi musicisti, al di là di un atteggiamento di iniziale timore -forse reverenziale-, confuso da alcuni commentatori fra il pubblico con freddo disinteresse.

Il richiamo vocale corre agli Ultraìsta, o alla Giselle della collaborazione con i Flight Facilities: prendete un fiore che sboccia, ed accarezzatene i petali appena fioriti. La sensazione è quella del velluto, che scorre sotto le dita scivolando. Così le tracce si susseguono, arredando lo spazio di un’ora e qualche decina di minuti, scorrendo oniricamente sino ad una conclusione accattivante e ballabile, che schioda i piedi dal pavimento di legno del Teatro per azzardare qualche passetto da ballo del liceo.

Il live degli Yumi Zouma ti seduce, ti accarezza il viso e ti emoziona come un primo appuntamento, quando sbagli la frase giusta da dire o inciampi fingendoti padrone della serata. Al secondo sarai più sicuro, ti riprometti, mentre torni a casa sorridendo.