Si è fatto un gran parlare di questa insolita data, sin da quando inaspettatamente il 3 Aprile venne annunciata. Gli Interpol, a Prato. E che ci fanno? Beh, chi se ne frega, si parla comunque degli Interpol, tanto meglio. Piano piano poi le cose vanno delineandosi, e i nomi di spicco che accompagneranno questa rassegna fanno trapelare una certa incoerenza fra loro: MannarinoNegrita Caparezza. “Vabè – mi dico nuovamente – che me ne frega, si tratta comunque degli Interpol”. Arriva il fatidico 1° di Settembre e mi incammino verso Piazza del Duomo a ritirare il mio accredito; schivato un bagarino che (poverino) sperava invano nel sold out, entro e davanti a me la scena non è delle più esaltanti: una piazza semideserta in religiosa attesa di uno dei gruppi che hanno fatto la storia dell’ultima decade.
Tra una birra e due saluti prendiamo posizione dopo il gruppo di apertura, ma ecco la prima sorpresa: quaranta minuti di attesa, tra un secondo sound-check e non si sa cos’altro. Perché? Vabé. Finalmente Paul Banks e company salgono sul palco, ma la seconda sorpresa è lì dietro l’angolo: qualcuno ha fatto uscire la scaletta del concerto prima ancora che questo iniziasse, ammazzando il pathos e facendo infuriare il mio vicino che invano ha urlato ad ogni canzone “OBSTACOOOL UAAAAAAN“.

Si aprono dunque le danze con un vecchio classico, Say Hello To The Angels, il pubblico risponde entusiasta, l’impianto è di quello delle migliori occasioni e tutto fila liscio. Dal classico si passa ad uno dei brani più riusciti del loro ultimo album, ossia Anywhere. Si torna sui classiconi per scaldare il pubblico con Narc  ed Evil (con la risposta del pubblico che si fa notare quasi solo in presenza dei classici) intervallati da My Blue Supreme. I ragazzi sul palco non nascondono però un certo senso di svogliatezza; si parla di professionisti, questo è chiaro, ma da testimone di altri due loro concerti posso confermare averli visti più in forma in altri episodi (che la colpa sia di una piazza semivuota?). E nuovamente si torna ad urlare e sospirare su pietre miliari quali The New (senza dubbio la canzone più sentita da loro e dal pubblico), Slow Hands PDA, che chiude la prima parte dello show. Come detto prima, anche il pathos di sapere se torneranno sul palco regalandoci Obstacle 1 NYC ci è stato tolto: nè l’una, nè l’altra, tra Untitled e la recente All The Rage Back Home i newyorkesi ci salutano e chiudono uno show che non li ha visti proprio proprio al top.

Escono più tardi alcune info sul concerto: di 4000 biglietti disponibili ne sono stati venduti 1600, contrariamente alla data sold out di Torino di solo pochi giorni prima. E Mannarino, qua, ha fatto sold out. Come leggere questi dati? Sicuramente, per Prato, è un successo riuscire a spiccare tra città come Pistoia, Lucca e Firenze, città con una tradizione musicale e una risonanza mediatica molto più ampia: impensabile attirare gente da Bologna e dintorni fino a qualche anno fa, ma questo nome internazionale ha sicuramente aiutato in tal senso. Ma ci sono delle criticità che ci fanno pensare che forse neanche chi ha organizzato pensava di fare numeri da concerto del primo maggio, e lo testimoniano i prezzi dei biglietti (34€ in prevendita, 30€ all’ingresso), che cozzano clamorosamente coi 15€ della data di Roma; non solo questo, ma la pubblicità riservata ad un gruppo che spicca tra gli headliner in numerosi festival internazionali è stata a dir poco inesistente. Consideriamole prove tecniche e speriamo che i prossimi appuntamenti vadano ancora meglio. In tutto ciò però immagino che il ragazzo accanto a me doveva avere parecchio a cuore Obstacle 1 da chiederla a perdifiato ogni 5 minuti, e penso che sia lui il più deluso della serata.