FKA twigs non è una dea, è una donna in carne ed ossa. E anche se lo spettacolo al quale abbiamo assistito al Fabrique di Milano ha dato l’impressione di avere di fronte una creatura ultraterrena, è necessario tenere a mente ed evidenziare che tutto quello che abbiamo visto non ha origini divine, ma rappresenta il risultato di un percorso di grande sofferenza umana divenuto dramma.

Proprio oggi in cui il dibattito uomo-intelligenza artificiale si fa sempre più reale e serrato (vedi le recenti esternazioni di Grimes o gli ologrammi di Frank Zappa), con digressioni argomentative nelle quali le qualità di chi pensa e respira vengono messe in dubbio in favore delle performance artificiali, Tahliah Debrett Barnett ha reclamato il diritto degli esseri umani ad essere infelici e soli, facoltà che sono lo specchio del diritto all’autodeterminazione e, cioè, del diritto di essere gli unici artefici del proprio destino.

Se poi sei una donna questa protesta si arricchisce di gran coraggio e il diritto all’umanità (e quindi anche all’imperfezione) non lo puoi solo chiedere, te lo devi andare a prendere, anche se hai ancora i punti di sutura sulla pancia. Del resto solo 12 mesi fa le stavano asportando 6 fibromi all’utero. Cosa c’è di più umano della malattia? Di Questa malattia? Forse che, chi più chi meno, siamo tutti cocciuti. E in questo senso, il suo tour è la punta di un iceberg che partendo dalle fosse oceaniche più buie e profonde dell’anima si è fatto montagna. FKA twigs non è una dea, è una donna in carne ed ossa.

Apertura cancelli ore 20:00 scarse: la coda all’ingresso scorre velocemente anche grazie all’app Dice che ha praticamente inaugurato i battenti in occasione di uno dei main event della scena milanese del 2019 e che ha le idee ben chiare: come twigs ha voglia di rompere gli schemi e rivoluzionare lo scenario. Tutti col codice alla mano e si entra spediti, anche perché la transenna è molto ambita. In fila per le birre, infatti, ci sono i fortunati che l’hanno vista al Primavera Sound e che da mesi non aspettano altro che rivederla nel proprio paese. C’è parecchia curiosità anche perché, nonostante il clamoroso successo di LP1 e di Magdalene c’è ancora un certo timore a riconoscere che “sì, FKA twigs spacca il culo“. Sarà a causa dell’hype sovraesposto ormai per qualsiasi cosa; sarà per i toni sensazionalistici di questa epoca che, nel bene o nel male, dividono tutto nelle categorie del “meh” del “mah”, del “sì!” o del “per me è no“, ma lo scetticismo intorno a questa figura del pop moderno c’è ancora. Per alcuni sopravvalutata, per altri sottostimata. Non ci sono vie di mezzo.

L’ennesima sfida, dunque, per una che si nutre di sfide. Ed il modo in cui ha vinto anche questa è stato clamoroso. Ma proprio c-l-a-m-o-r-o-s-o.

Lo show non è un concerto. Ci sono i costumi – a tratti settecenteschi, a tratti pirateschi – ci sono i ballerini e c’è la scenografia. Si alternano momenti in cui FKA Twigs è sola sul palco a momenti in cui interpreta Maria Maddalena con il suo corpo di ballo (straordinaria la rappresentazione di Home With You con i suoi ballerini con indosso maschere giapponesi ad impersonificare le diverse personalità dei seduttori/predatori). E poi ci sono anche i cambi d’abito. E in questi intermezzi è la volta dei performer in total Nike-ninja-look a prendersi la scena con coreografie che, in questo caso sì, ricordano moltissimo quelle della celebre Madonna. E soprattutto c’è lei che quando canta illumina completamente il suo teatro. E si vede che ci tiene proprio tanto, anche se vorrebbe nasconderlo. Dalle prime file si è potuta infatti notare l’emozione nel cantare Cellophane o Mary Magdalene o Two Weeks durante uno dei momenti più esaltanti del live. In alcune occasioni ha cercato di resistere, come se lasciarsi andare all’emozione sia sintomo di debolezza, ma l’impatto è stato di una forza tale che anche lei si è lasciata andare in un (quasi imbarazzato) sorriso. A parte il primo EP, Tahliah ha portato sul palco milanese tutto il suo incredibile repertorio: dall’introduttiva Water Me al featuring con Future (Holy Terrain), intrecciando i suoni futuristici di Future 8 a quelli più melodici e di Video Girl.

Lo show non è un concerto, ma uno spettacolo da portare nei più importanti teatri a 90€ a biglietto (e anche di più). Vero che Rihanna Beyoncé fanno già queste cose. E che Madonna le faceva 30 anni fa. Tuttavia, rimangono, due sostanziali differenze. Questo genere di spettacoli non si sono mai visti negli scenari minori, ma negli stadi o negli eventi da capienze da 25 mila cristiani in su. E la conseguenza è che in situazioni simili, traspare ancora di più il senso della rappresentazione umana, viva, drammatica, a differenza di show studiati per il grande (enome) pubblico e per le telecamere. Questa non è roba da Superbowl e anche se non sono letteralmente esplosi, abbiamo visto i fuochi d’artificio.

Sul finire dello spettacolo, infatti, ecco due tra i momenti più attesi: la spada samurai e la pole dance, seguiti con grande attenzione nei mesi scorsi sul suo profilo Instagram. E diciamolo subito, dopo questa combo nessuno c’ha più capito un cazzo e non è un’iperbole, né una balla sottolineare che erano a decine quelli che piangevano e ancora di più quelli col diaframma impazzito e la bocca tremolante come i bambini quando cercano di mascherare l’emozione.

Nel buio della sala l’artista britannica ha impugnato la sua spada e ha disegnato traiettorie magiche ed ha letteralmente tranciato in due il cielo. Un colpo secco e con le nuvole disegnate sul telo sono caduti i pregiudizi, le sofferenze; la fatica del lavoro e le paure. E soprattutto FKA twigs ha realizzato di non essere sola. Dietro il telo, infatti, si sono disvelati anche gli altri componenti del team che in live suonavano percussioni che risuonavano come tuoni nel cielo ormai squarciato.

E poi è stata la volta della pole dance che poteva sembrare una cafonata, ma che invece è stata l’ennesima scommessa vinta. Ma anche in questo caso è stato il lavoro quotidiano a trasformare quella che lei stessa ha definito come “una lumaca che si rotola a terra mentre cerca di rialzarsi” in una esibizione da infarto. Roba che, seriamente, ha lasciato tutti con la mascella per terra, completamente rapiti ed ipnotizzati da questa figura sinuosa e serpentina, sexy sì, ma non volgare. Talmente potente ed espressiva da far dimenticare a tutti che stava mezza nuda.

Tutto si conclude con una standing ovation, tipo quelle dei tifosi che si alzano in piedi con gli occhi lucidi a fare clap clap fino a che non si ritrovano i palmi delle mani completamente rossi. Un scroscio di applausi molto emozionante che va tenuto ben distinto da quello che accompagna generalmente la fine dei concerti. Quella appena terminata infatti non è stata solo una bella serata come ce ne sono mille altre in giro, così come quello di FKA twigs non è stato solo un live come ce ne sono altri mille in giro.

In questi cinque minuti finali, con la compagnia teatrale in piedi davanti al Fabrique c’è la sintesi di tutto. Condivisione, empatia, gratitudine. Artista e platea, divisi fino a quel momento da transenne anti-panico e dai centimetri del palco, finalmente si incontrano. Si toccano senza aver bisogno del contatto fisico, e comunicano senza aver bisogno di parlare.

Foto di Andrea Pelizzardi