Cerulean Salt, il secondo album di Waxahatchee (al secolo Katie Crutchfield), è un disco anomalo. La prima impressione è quella di avere davanti un album normalissimo, quasi anonimo. La formula è composta da un cantautorato poppy che profuma di anni Novanta, adagiato su chitarre a volte acustiche altre volte distorte, ma sempre in punta di piedi, e accompagnato talvolta da qualche percussione minimale e pochi altri strumenti quando capita. Ha tutti i difetti che può avere un disco del genere, è moscio, è banalotto, eppure dentro di sé ha qualcosa che ti spinge sempre a tornare ad ascoltarlo. Sarà la brevità, sarà l’accessibilità, sarà la moscezza che a ben vedere non è altro che dolcezza, sarà quel profumo di Novanta che rende l’atmosfera così magneticamente nostalgica. E allora si è inevitabilmente attratti da Cerulean Salt, ci si continua a tornare, ci si innamora di piccoli gioiellini come Lips And Limbs e Swan Dive, si inizia a trovare ristoro nei bozzetti acustici che sparge qua e là (Blue pt. II è la morte). Un ascolto leggerissimo dotato di un fascino inspiegabile che può far male.
Tracce consigliate: Lips And Limbs, Blue pt. II.