¡Viva la revolucion!

Ah, chi lo avrebbe mai detto. Che una delle massime più famose e ingiustamente quotate della storia si potesse prestare a descrivere questa nuova ondata (new new wave?) di suoni industriali, pop, divertenti, sofferti. Suoni che i W. H. Lung nel loro nuovissimo Vanities incarnano benone, suoni con cui la scena underground anglicana sceglie di aprire questo già stranissimo decennio.

Se gli anni ’90 avevano infatti segnato un ripudio assoluto per tutto quello che era la new wave, relegando tutti i suoi esponenti in un unico scatolone da buttare in cantina, gli anni ’10 del 2000 hanno visto i ragazzini dell’epoca riscoprire quello scatolone, influenzati sicuramente dai suoni acidi e innovativi di fine anni ’00. E così siamo usciti da un decennio che, tra indietronica e elettropop, suonava come un revival anni ’80 in diverse salse.

Dagli anni ’20 ci si poteva aspettare una tendenza simile a quella dei ’90, con una ricerca di un suono ostinatamente contrario a tutti i costi. Un nuovo grunge forse? Un ritorno alla forma del rap? Un genere tutto nuovo, ancora inesplorato? Fatto sta che noi consumatori, rispetto agli anni ’90, abbiamo sviluppato aspettative sempre più alte nei confronti delle novità musicali, non accontentandoci più di un buon disco ma volendo sempre di più: qualcosa di più bello, più innovativo, più sperimentale, più strano. Se in questo panorama a metà/fine anni ’10 hanno prosperato artisti come Arca e Grimes, oggi stiamo assistendo a un’inversione di tendenza che, francamente, ha dell’incredibile. Il pop drittissimo anni ’80 è diventato paragone della rivoluzione musicale, la semplicità è il nuovo underground, l’accessibilità il nuovo sacrosanto canone.

Vanities non è apripista di questa tendenza, già esplorata da Working Men’s Club e Nation of Language durante l’anno scorso, ma la incarnano alla perfezione. Dentro Vanities troverete infatti pezzi di Simple Minds (Ways of Seeing), Miike Snow (Somebody Like), frullati di The Cult e Arcade Fire (Showstopper), ma troverete soprattutto un gruppo che riesce a fare di questo patchwork una sfaccettata personalità e non un collage posticcio: Calm Down è una delle opening tracks dell’anno col suo beat incalzante, Gd Tym meriterebbe di essere ballata a tesa bassa sotto cassa, ARPi è tutto ciò che i Passion Pit non sono più riusciti ad essere dopo Gossamer.

Un grande applauso per i W. H. Lung, non solo per un bellissimo disco con cui affrontare l’improvviso arrivo dell’autunno col sorriso, ma anche per portare avanti la bandiera di questa grandiosa rivoluzione al rovescio che punta a un ritorno alle origini, ma non alla forma. Una rivoluzione di suoni che ci piace ascoltare, che ci fanno stare bene, e a cui inevitabilmente finiamo per volere bene. E quindi urliamolo pure tutti insieme: ¡Viva la revolucion, viva Vanities!

Tracce consigliate: Calm Down, Gd Tym, ARPi