Ty Segall non la smette più di suonare. Suona, inventa, registra, incide, suona, incide, fa, gira. Chitarrista e batterista, è da un lustro che non passa un anno senza un disco che porti il suo nome almeno fra i credits. Questa volta è tornato con un suo nuovo album solista, intitolato Emotional Mugger.

È un disco meno preciso dei precedenti, più energico, casinaro, grazie anche al cambio di line-up del suo gruppo di supporto, che lui chiama i Muggers. C’è un’instabilità sottile che pervade tutti i pezzi, una forza di rottura in agguato, che esplode in droni sintetici o colpi di chitarra, ma che non riesce a spezzare la struttura propria dell’album e a farlo deflagrare davvero. Le chitarre strillano e stridono a destra e a sinistra in Emotional Mugger/Leopard Priestess, ci sono accenni di doom o stoner rock in giro e soprattutto nella cover del pezzo del 1974 dei The Equals, Diversion, che ha il suo perché. A livello strumentale ci sono dei cambiamenti non originalissimi ma ben pensati, come l’uso di sintetizzatori grassi che vibrano qua e là o fuzzosi, come nel basso di Squealer Two. Eppure l’album non si allontana dal suo status di «altro disco garage di Ty Segall».

Il tema di Emotional Mugger sembra essere quello della semplicità – e delle conseguenze di questa – nel raggiungere i nostri desideri più effimeri. L’oggetto del desiderio, per tutto l’album, è sempre «candy», le caramelle, termine che si ripete per tutto il disco fino al parossismo – o alla monotonia, dipende da quanto vi stancate in fretta («Candy I want / I want your Candy» canta un Segall rauco in Breakfast Edge).

Insomma Segall, uno degli artisti che ha fatto della sua musica un prodotto inflazionato fino all’effimero, scrive un album come inno alla facilità dei desideri effimeri. Mi è capitato di pensare, inconsciamente all’inizio ma con sempre maggiore sicurezza poi, Ty Segall come una sorta di Stephen King: grande maestranza, intuito sopraffino, artista di genere, ma produzione sovrabbondante. Se King si fosse limitato un po’ forse ora sarebbe ben più grande – criticamente parlando – di quel che è. Così penso un po’ di Segall. Emotional Mugger dovrebbe essere il punto di svolta: a un anno e mezzo dall’ultimo prodotto solista di Ty Segall, Manipulator, questo nuovo disco avrebbe dovuto essere il cambiamento, il segno di una mutazione. Invece ci ritroviamo di fronte un altro album sicuramente ben fatto, un album che parla di sé stesso, ma che non lascia il segno come avrebbe potuto e dovuto.

Traccia consigliata: Mandy Cream