La storia della formazione degli Splashh sembra seguire il format tipico delle barzellette brutte: dunque, ci sono un inglese, due neozelandesi ed un australiano. Trattandosi però di una band (e non essendo poi una barzelletta), l’italiano manca. Formati da Sasha Carlson (voce e chitarra, ex Colours e The Coshercot Honeys/Brain Slaves) e Jacob Moore (batteria, ex The Checks), Toto Vivian (chitarra e synth) e Thomas Beale (basso), sono una formazione figa e freschissima, appena scoperta da NME, all’esordio discografico assoluto.

La loro musica è un interessante mix di Pixies, Jesus And The Mary Chain, New Order e acidi, influenze molto palesi e confermate dai componenti stessi.
Veniamo alla musica: il disco si apre su Headspins con un rullante bello secco, chitarrone dilatate, voce effettata e gay al punto giusto, armonie decisamente azzeccate, arrangiamento ottimo. Se in Headspins spiccava il richiamo ai Pixies, sul brano successivo nonché singolo dell’album All I Wanna Do, sentiamo invece comparire con prepotenza l’influenza dei Jesus And The Mary Chain, oltre che quella della droga. Un giro di chitarra efficace, cori armonizzati ed effettati a dovere, tutto condito da un lieve flavour post hippie in salsa anni 90. Dopo questi due ottimi pezzi arriva Need It, e la tensione subisce purtroppo un lieve calo: le ritmiche diventano ripetitive, i suoni son quelli, e, nonostante le composizioni siano sempre gradevolissime, manca quella scintilla che aveva fatto spiccare le prime due. Le tracce successive So Young e Lemonade confermano l’influenza dei New Order con un bel paio di linee di basso ossessive, batterie drittissime, arrangiamenti semplici ma efficaci. Con Feels Like You si accentua invece la componente anni 70, e, con quello che potrebbe essere un pezzo degli Yardbirds con tanto riverbero in più, gli Splashh dimostrano di saper spaziare, saltellando con tranquillità da un tipo di sonorità ad un altro, rimanendo comunque coerenti e per nulla discontinui. Questo Comfort si rivela, con gli ascolti successivi, più complesso del previsto: un lavoro che di primo acchito potrebbe sembrare semplicemente discreto e anche un po’ leccaculo, forte più che altro della sistematica ripresa di sonorità che piacciono a tutti, risulta invece essere riuscito, e nascondere sotto una patina di finta semplicità un sacco di buone idee a livello compositivo e di arrangiamento, specialmente tenendo conto del fatto che questo è il primo ed unico episodio della loro discografia. Quindi cari Splashh, come si usa dire in tutt’altro contesto, crescete bene che noi torniamo sicuro. Bravi.

Recommended tracks: Headspins, All I Wanna Do, So Young

7.2/10