Disossare e spinare. Due verbi che non avrei mai usato in vita mia, se non fossero esistiti i coltelli Miracle Blade, chef Tony e quella pubblicità che ha ipnotizzato tante delle mie mattinate di fanciullo. Due verbi che, come ricordo bene, servivano per denotare quei tagli da giramento di capo con cui lo chef/attore affettava e privava della loro struttura ossea pesci e pollame vario.

Disossare e spinare: due verbi che mi hanno permesso di intendere al meglio il punk-hop minimale degli Sleaford Mods, là dove il duo di Nottingham rappresenta chef Tony, mentre la intossicata cultura inglese recita il ruolo del pollame che viene fracassato dai tagli della serie perfetta di coltelli.

Non siamo lontani, semanticamente parlando, da ossa e lame, d’altronde, parlando del nuovo disco degli Sleaford Mods: si intitola infatti Spare Ribs e la formula è sempre la stessa, Jason Williamson e Andrew Fearm sono la voce e il suono della working class inglese, quella cinica e reale, iraconda e con le mani sporche. Il fenomeno Sleaford Mods nasce proprio da qui, e anche in questo album la tendenza si conferma: la credibilità del duo nasce da una certa teatralità, un modo totalizzante di interpretare questo ruolo di portavoce di tale classe sociale; Williamson parla effettivamente la lingua della working class, testi e paratesti compresi.

Non deve sorprendere che alla fine di Spare Ribs verrebbe da salutarsi come si fa alla fine di una serata passata in un pub oscuro fatto di legno e sudiciume, circondati da mattoni rossi e pioggia, odore di birra ovunque. Non sorprenderebbe perché i temi affrontati in Spare Ribs riguardano politica (Shortcummings), attualità (Out There, Top Room), morale (Glimpses, Nudge It, Spare Ribs) e ricordi personali (Mork n Mindy, Fishcakes, All Day Ticket): in sostanza la roulette di possibili discussioni quando al pub si smette di parlare di calcio.

Ciò che comincia a stonare è però il fatto che questo che si sta dicendo di Spare Ribs, potrebbe valere anche qualora si tagliasse e incollasse sullo spazio dedicato a un album precedente del duo. Non si deve richiedere rinnovamento a tutti i costi, soprattutto a un progetto come quello degli Sleaford Mods, i quali sono diventati un totem della cultura contemporanea britannica. Spare Ribs è il nuovo capitolo di una medesima missione, che va avanti ormai da dieci anni. Tuttavia, cercando di andare oltre all’ammirazione del monumento, ci possiamo chiedere se gli Sleaford Mods e il loro modo di fare musica – e cultura – stiano mantenendo la stessa incisività il cui apice era stato raggiunto due anni fa con Eton Alive, l’album con cui definitivamente Williamson e Fearm furono riconosciuti come la voce contemporanea della working class inglese – una “palma” che ha portato Jason Williamson a criticare invece fortemente gli Idles, accusati di ‘appropriazione di classe’ (un tema che qui si sviluppa in Nudge It).

Spare Ribs lascia un sapore di depotenziamento. Sarà per un minimalismo forse stavolta eccessivo della basi di Fearm, che perdono molti dettagli punk, post-punk e di elettronica, concentrandosi attorno a pochissimi e monotoni accordi; sarà per il livore consueto che contraddistingue la lirica di Williamson, al quale ormai siamo abituati e che quindi offre poche occasioni per sbarrare gli occhi, fatto sta che questo disco accende la solita miccia del duo, ma non arriva fino alla fine, la bomba non esplode. Cilecca: questo è un album che per l’energia che emana e per le riflessioni che propone, difficilmente potrebbe smuovere seriamente una coscienza, benché anche nel nervo più profondo degli Sleaford Mods ci sia proprio ribellione, protesta e rabbia, o almeno dovrebbe.

Fa strano a dirsi, ma Spare Ribs, anziché essere il suono rabbioso di chi dovrebbe fare a pugni in piazza in difesa dei sacrosanti diritti per vivere una vita dignitosa, sembra più, nella sua monotonia, la colonna sonora di chi sul divano di casa commenta live, con nichilismo, la maratona Mentana, ed emette un ghigno malvagio quando l’inviato Celata viene maltrattato dal direttore del tg.

Tracce consigliate: Mork n Mindy, I Don’t Rate You