Non è da tutti avere 19 anni e ritrovarsi ad aprire i concerti del Club Life College Invasion Tour di Tiësto di fronte a decine di migliaia di persone. Ma Porter Robinson non è uno qualunque: nello stesso anno, infatti, firma un one-EP deal con l’etichetta di Skrillex (OWSLA) e rilascia quello che per molti electro-houser è diventato una pietra miliare del genere. Per (s)fortuna nella vita si cambia e dopo 3 anni l’oramai 22enne (dopo aver co-prodotto Clarity di ZEDD, vincitrice di un Grammy’s) ritorna sulla scena durante la notte degli Oscar 2014 con il brano Sea Of Voices, riuscendo addirittura ad arrivare tra i trending topics mondiali di Twitter durante quella notte. Il cambiamento è radicale: il brano ricorda (fin troppo) Intro degli M83 e il cuore ci batte fortissimo perché, anche se siamo tornati indietro di qualche anno, la favola di Hurry Up, We’re Dreaming non potrà mai finire.
Il disco è graficamente riproducibile come due sinusoidi opposte (una EDM, l’altra synth-pop) che viaggiano lontane, incontrandosi solo in alcuni punti, perfettamente intervallati tra di loro: Lionhearted, Fellow Feeling e Goodbye To A World sono potenti inni electro-rave mentre Hear The Bells, Sea Of Voices e Years Of War sono l’essenza del synth-pop degli ultimi 3 anni. Il resto dell’album sono quei punti di incontro tra i due generi dove la potente cassa dritta del Tomorrowland si mischia al rumoroso shoegaze dei sintetizzatori, che talvolta arrivano a sfiorare la downtempo di Flume in Natural Light.
Non solo dj e produttore, ma anche cantante; si, perché Porter decide di prendere il microfono e duettare con un nostalgica voce robotica creata con Vocaloid, sintetizzatore di voci della Yamaha usato molto nel mondo dei manga. Questa non è l’unica reminiscenza al Giappone: infatti Flicker presenta una lirica completamente in Giapponese, le grafiche lo-fi/low-poly che accompagnavano quotidianamente il countdown dell’uscita dell’album erano ispirati al paese nipponico e tantissimi suoni nell’album sembrano essere stati tirati fuori da un qualunque videogame per Game Boy di metà anni ’90 (Divinity su tutte).
Un album che non inventa niente, nonostante l’autore abbia definito la sua musica nu-EDM, che manca di pezzi davvero fuori categoria, ma che comunque risulta orecchiabile e che si può accodare alla lunga lista di album synth-pop (con le sue sfumature) decenti usciti negli ultimi anni (CHVRCHES, Passion Pit, I Break Horses, Niki And The Dove). Bravo Porter, sei cresciuto e hai sfanculato pure tu quel coglione di Skrillex.
Tracce consigliate: Divinity (feat. Amy Millan), Flicker