La prima cosa che salta all’orecchio di Every Bad è la presenza di un lamento continuo che si fa ossessivo con la ripetizione: ascoltando l’album sembra di ritrovarsi nella ripetitività di questi giorni chiusi in casa; ad ogni ripresa, ogni giorno c’è una crepa in più nella voce, sempre più vicina al crollo, alla crisi totale, portata all’estremo e poi contenuta sul limite.

I Porridge Radio sono l’ultima delle band uscite da quel sottobosco inglese che ha tirato fuori, negli ultimi anni, nomi come Shame e Black Midi, e come questi sembrano essere spuntati un po’ dal nulla. In realtà i Porridge Radio, nati a Brighton dal progetto solista di Dana Margolin, sono già al secondo album e sembra che già fossero conosciuti da un po’ nelle scene locali per le loro performance intense e per il primo album Rice, Pasta and Other Fillers, uscito nel 2016.

Mentre l’album di debutto, però, si avvicinava più ai suoni del bedroom pop di stampo americano, con Every Bad e una formazione al completo la band ha trovato un linguaggio che meglio accompagna le parole di Margolin. Queste ultime sono il perno dell’album: martellanti, ripetitive, ma ad ogni ripetizione qualcosa cambia, come quando in Sweet sembra volersi autoconvincere con tutti quegli “I’m kind” o sul finale del brano di apertura Born Confused, in cui il “thank you for making me happy” si protrae così a lungo da sembrare ironico, o un insulto; la voce di Margolin, dinamica ed espressiva, si presta a questo gioco di intenzioni e di narrazioni che tengono su l’album con una carica che gli strumenti riescono ad affiancare al meglio. Questo grazie ad una combinazione di suoni che pescano da molte fonti senza mai disturbare gli equilibri: mentre ad un ascolto pigro i suoni potranno ricordare quelli dell’indie rock a voce femminile come Chastity Belt e Girlpool, l’alternanza loud and quiet in brani come Sweet rievoca i Pixies; la potenza del cantato ricorda quella dei Priests di Nothing Feels Natural, anche per le scelte di strumenti non sempre affini al genere (Lilac, (Something)); eppure l’accostamento più forte, sia per la ripetitività ossessiva che per le scelte sonore, è quello al post-punk, soprattutto a quello di stampo The Fall e più recentemente Ought e Protomartyr, in cui la ripetizione rimane controllata, e a volte porta a crescendo liberatori, e molto spesso a nulla. Eppure i Porridge Radio riescono a mantenere quel pizzico di anarchia che è forse più riot grrrl che post-punk, dando vita ad un sound familiare ma difficile da etichettare con una sola parola.

Every Bad si chiude con un pezzo che sembra descrivere i giorni di vuoto che stiamo vivendo in questo momento: sto tornando a casa, dice, ma la strada verso casa non è altro che una nave che sta per affondare, solo che la nave è vuota, e la nave in realtà siamo noi. Continua così per un po’. Però stiamo tornando a casa.

Tracce consigliate: Sweet, Long, Lilac