Come ce lo siamo immaginato fino adesso il paradiso? Nuvole bianche, cielo terso ed una pallida e scintillante atmosfera. Se tutto questo fosse sostituito da un nebuloso grigiore, angeli in catena di montaggio comandati da mostruosità di Lovecraftiana memoria e violenze gratuite? Paradise dei Pop. 1280 sarebbe di certo la colonna sonora di questo sfacelo paradisiaco.

In questo disco la band newyorkese, aumenta la presenza dei sintetizzatori avvicinandosi al sound di band storiche dell’electro-industrial come DAF e Cabaret Voltaire. La sporcizia dei Birthday Party si dirada un po’, lasciando maggior spazio agli spigoli vivi dei Big Black e al cantanto a-là Yow dei The Jesus Lizard: un campionario di ispirazioni infallibile e di tutto rispetto. Phantom Freighter è una dance luciferina con un giro di synth che fa impazzire, mentre In Silico ha un’irruenza primitiva che vi trasporterà in una ridda selvaggia. Superata la metà del disco i Pop lasciano un lungo respiro alle orecchie con Paradise e Rain Song che, tra droni, dark ambient e minimalismo sembrano uscite da un film dell’orrore cyberpunk; gli ultimi due pezzi tornano prepotentemente nelle precedenti atmosfere ansiogene e cupe.

I Pop. 1280 al loro terzo lavoro, snocciolano un lavoro rumorista e sintetico di grande qualità, evolvendosi a piccoli ma decisivi passi verso un sound personale e mai banale. Il graduale e sempre più importante lavoro dei sintetizzatori è sicuramente influenzato dai tour intrapresi con The Soft Moon. Paradise è un lavoro coeso e ragionato che fino al rilassamento della parte centrale fa quasi gridare al miracolo ma poco dopo purtroppo si arena, senza tornare al livello iniziale, portando l’orecchio progressivamente annoiato verso la conclusione.

Traccia consigliata: Phantom Freighter, In Silico