L’evoluzione artistica dei Parquet Courts procede lenta e inesorabile come le placche tettoniche sotto i nostri piedi che silenziose e incostanti, giungono alle nostre membre solo attraverso terremoti. La band newyorchese ci dona un altro piccolo sisma, un’altra piccola ma decisa divagazione al proprio sound.

L’attitudine e l’urgenza di Light Up Gold si era evoluta in Sunbathing Animal puntando sull’ossessione e ripetizione; le tracce che prima duravano 1/2 minuti avevano raddoppiato il minutaggio, dilatandosi senza però variare struttura e melodia. In questo Human Performance tutte le vecchie influenze (Pavement, Velvet Underground, Television, The Fall) permangono, sentendo come nuova influenza i Wire del periodo Chairs Missing/ 154: si noti nel duo DustHuman Perfomance l’aggiunta dei tipici elementi delle band, dai bridge decadenti a synth/organo che spezzano l’ossessività dei pezzi. La componente slacker dei Pavement rimane comunque la base per gran parte dei brani che fanno da collante con le canzoni più “coraggiose”.

Gli angoscianti 7/8 di I Was Just Here,  la militaresca quasi-rap Captive Of The Sun dove un vibrafono risponde ad una chitarra in arpeggio e la Western Berlin Got Blurry accompagnata da un organo elettrico preso a piene mani dal pop anni ’60, sono quei pezzi coraggiosi che citavo in precedenza, tra i migliori del disco. I Parquet Courts riescono a raccogliere ed archiviare tutto ciò che gli USA sono riusciti a produrre ed utilizzarlo nella miglior maniera possibile, confezionando un disco eterogeneo ma compatto nel medesimo tempo; si potrebbe chiamarlo Ultra-American-Sound e non sbaglierei di molto.

Tracce consigliate: I Was Just Here, Captive Of The Sun, Berlin Got Bur