Immaginate di poter prendere la vostra negatività e di estirparla dal vostro corpo. Immaginate di darle fuoco, di vederla avvolta dalle fiamme che la consumano fino a ridurla in cenere. Immaginate di raccogliere queste ceneri e di individuare una vetta da cui poterle gettare per liberarvene per sempre, per vivere una vita priva del loro peso. Immaginate di iniziare una scalata, un lungo e tortuoso percorso di redenzione che vi consentirà di raggiungere quella vetta. Immaginate di arrivare in cima, di prendere le ceneri della vostra negatività e di scagliarle verso l’orizzonte. Immaginate di vedere le ceneri sospese nell’aria, di sperare che si disperdano in fretta. Immaginate di percepirle invece sempre più vicine, di sentirle intorno a voi: “il polveroso ronzio del chi sei” da cui non potete evadere. Mentre questa negatività vi schiaccia, immaginate di prendere consapevolezza del fatto che la vetta non è più un punto d’arrivo, ma semplicemente l’inizio di una discesa.

Nel caso di Nicolas Jaar, la negatività accumulata durante il periodo di isolamento volontario vissuto tra il 2017 e il 2019, si è trasformata in frammenti di suono. Parte di questo bagaglio sonoro, quella più violenta, aggressiva, si è materializzata nell’ultima raccolta pubblicata a nome Against All Logic, mentre la restante, quella più mansueta, controllata, ha dato vita a Cenizas. Se Space Is Only Noise e Sirens ci hanno insegnato qualcosa, è che un disco a nome Nicolas Jaar offrirà una prospettiva intima sulla sua vita, un’opera carica di ricerca, sperimentazione e consapevolezza. In un periodo di trasformazione, è lui stesso ad offrire questo disco come strumento che ci consenta di trovare delle risposte ai problemi che ci attanagliano. Un invito a non guardare avanti, bensì attorno a noi e, soprattutto, dentro di noi, come suggerisce la copertina del disco.

Cenizas è uno dei lavori più coraggiosi del produttore Cileno e uno dei più toccanti per la sua capacità di creare un’atmosfera totalizzante, in grado di rapire l’ascoltatore sin dal primo secondo: ti avvolge, sospesa come ceneri (cenizas, in spagnolo) nel vento, come la coltre di fumo che circonda Jaar durante i suoi live. È la colonna sonora di uno scenario apocalittico, un’elegia che ti catapulta in un luogo sacro, totalmente buio, in cui non ti dovresti trovare e che ti costringe a stare vigile per non rischiare di cadere in un dirupo da cui non troverai via d’uscita. Questo luogo altro non è che la negatività di Jaar e, di riflesso, la nostra.

Le prime tracce di Cenizas definiscono immediatamente l’atmosfera che caratterizza l’intero album. Il tono tetro, sacro, quieto e meditativo di Vanish, con i suoi fiati leggeri, impalpabili, sospesi. Il falsetto di Jaar che emerge da un coro angelico, soave, per poi scomparire nel mormorio, reminiscente di canti gregoriani, della spettrale Menysid. La sacralità continua a vivere nella title track, in cui la voce di Jaar, questa volta profonda, distante, si staglia nel minimalismo rarefatto che la circonda. In un altro album, ci saremmo potuti aspettare che la traccia prendesse un’altra direzione, una deriva inaspettata: l’ingresso di una cassa, un’accelerazione. Non in questo caso. Cenizas continua nel suo lento, ipnotico, oscillare.

L’uso dei fiati è un elemento ricorrente che funge da raccordo tra le 13 tracce dell’album. Se in Vanish contribuiscono a creare un suono lieve, in Agosto il clarinetto dona peso e tangibilità alla composizione essenziale, rumorista. In Rubble è un vibrato, un sassofono irrequieto, a comunicare un senso di sofferenza all’interno di una composizione altrimenti rassicurante.

All’interno dell’album sono presenti alcuni momenti di rottura: Mud, la traccia più immediata, più accessibile del disco, è costruita su percussioni che suonano primitive sopra a droni ipnotici. È un punto focale, costruito sapientemente, in cui la voce di Jaar, in questo caso nella sua versione à la Jim Morrison, passa dal mormorio all’urlo, per tornare poi ad un sibilo. 7 minuti che scorrono in fretta e mostrano un’aggressività non del tutto espressa, una fiamma che anziché innescare un’esplosione, finisce per spegnersi nella vacuità di Vaciar. Un altro brano che risulta per certi versi distonico, è quello di chiusura: Faith Made Of Silk. Ascoltandolo in sequenza, dà l’idea di trovarsi in una di quelle situazioni in cui Spotify riproduce un brano a caso in mezzo ad una tua playlist. Nella sua semplicità, è uno dei brani che più presentano una struttura tradizionale. La voce melliflua di Jaar, un corno e un organo dal suono ovattato, una batteria che nel finale sembra volersi trasformare in un breakbeat, ma, anche in questo caso, è una bomba che non deflagra e si chiude in un improvviso silenzio.

Se da un lato si potrebbe accusare Jaar di non aver osato, di non aver mostrato una tangibile evoluzione nel suo stile, nelle sue produzioni, in realtà va riconosciuto che mai come prima abbia sperimentato con sicurezza e disinvoltura con elementi della Drone music, dell’Ambient e del rumorismo, attingendo da fonti diverse senza cadere mai dentro un genere specifico. A differenza di Sirens, Cenizas è un album privo di un messaggio politico, privo di un un significato più alto, ma pregno di spiritualità enigmatica. Cenizas offre degli elementi che ci consentono di esplorare più a fondo il mondo che nel corso degli anni ha costruito e di scorgere in esso alcuni elementi di familiarità che ci permettono di appropriarcene. Con Cenizas, Nicolas Jaar ha creato il buio per mostrarci una via di fuga.

Tracce consigliate: Vanish, Cenizas, Mud