Solitamente quando si parla di pop-punk / emo è impossibile non provare ribrezzo e disgusto. Il pensiero ritorna in quei primi 5-6 anni dei 2000 con la televisione sintonizzata su MTV a sorbirsi Sum 41, Fall Out Boy, Yellowcard, Simple Plan e tante tantissime altre band che si coverizzavano vicendevolmente in una spirale infinita e diabolica; ma non è questo che noi consideriamo pop-punk ed emo, i Modern Baseball fanno parte si di questo filone ma riescono ad uscirne raccogliendo l’eredità delle band che hanno dato vita e linfa al genere (Husker Du, American Football, Fugazi).

Holy Ghost è un disco compatto e coeso che non supera i 30 minuti d’ascolto, vive di cambi di ritmo e di immagini: Wedding Singer e Mass sono le canzoni più spiccatamente radiofoniche dall’andamento hardcore. Everyday è amara ed avara di violenza, una rabbia repressa e malcelata, i cambi di ritmo di What If si spostano verso praterie post-hardcore, mentre l’arpeggio in climax di Hiding ci regala un momento agrodolce. La vera forza della band sono le chitarre che riescono a dare forza ai riff taglienti, solitamente quando la sezione ritmica non spicca c’é qualcosa che non va, ma il lavoro dritto e basilare in questo caso premia, facendo emergere le voci di Brendan Lukens e Jacob Ewald.

La conclusiva Just Another Face ci fa tornare con i piedi per terra, la summa del disco in quel misto emotional e wave che sublima in un ritornello da sing-a-long. Sicuramente i Modern Baseball sanno dove andare a parare; l’omogeneità del lavoro, la durata e l’approccio lo-fi aiutano, ma dopo vari ascolti ti rendi conto che il disco è così e nulla di più, rimane su coordinate smaccatamente pop e non aiutano nella loro evoluzione; l’unico consiglio che si può dare è osare anche sbagliando.

Tracce consigliate: Hiding, What If