A quelle che sembrano essere le moderne donne di Renoir, se ne aggiunge un’ultima: anch’essa, come quelle che vengono prima, offre un profilo di sé che è reale fino a che la luce profusa non ne abbaglia i contorni. Prima di lei, già Björk Guðmundsdóttir, Jenny Hval e Holly Herndon – per citarne alcune – si sono mostrate alla vista come immagini di vibrante instabilità, per poi presentarsi all’orecchio con maggiore vigore, ma pur sempre conservando la delicatezza femminea di Beth Gibbons e Elizabeth Fraser – per citarne altre.
Insieme con queste, la novizia Kelly Lee Owens, proprio allo stesso modo delle donne dipinte da Renoir, si sforza di definire il modello di femminilità, questa volta però tra gli abitanti degli ambienti musicali.

Presso gli stessi ambienti, Kelly Lee Owens figura per la prima volta quando presta la voce a Drone Logic di Daniel Avery. Pur introducendola nella conoscenza diretta della produzione musicale, Avery non veste però i panni di Pigmalione: è invece Arthur Russell, genio eclettico e poliedrico, a valorizzare indirettamente le meravigliose fattezze artistiche della giovane Kelly, permettendo alla chiara statua d’avorio di prendere vita e colore.
Con l’eponimo album di debutto, Kelly Lee Owens assume così le sembianze che il suo scultore per via indiretta le ha impresso: come il più autentico e profondo Arthur Russell di World Of Echo, Kelly Lee Owens è il risultato dell’impeccabile armonia tra la struttura anatomica pop e la gestualità equilibrata e statica espressa per mezzo di un’elettronica tanto misurata che sembra non esprimere alcuna psicologia, neanche silenziosamente.

Come debutto, Kelly Lee Owens è a tal punto sincero e sentito, bilanciato e fluido che è come fosse coperto di una bianchezza così pura che all’occhio è silenziosa. Il suono che pare rarefatto, privo di volume e avvolto in un involucro quasi sognante, è sordo come il rumore di un masso lanciato in un pozzo. L’eterea voce della Owens, poi, è come dialogasse di continuo col suo eco: chiacchiere ruminate le ritornano indietro appena un attimo dopo averle pronunciate. Ed è così che Kelly Lee Owens si presenta: allo stesso modo di una conversazione scandita da parole pensate e ripensate, meditate e rimeditate, che arrivano in gola come i singulti riprodotti dal drum (S.O). Nella sostanza, la voce si somma a se stessa, disegnando forme barocche, effetti prospettici e di chiaroscuro, e così finendo col diventare la melodia principale (Arthur). La stessa voce, che sta tra le labbra come una spumosa meringa e sotto i denti pare priva di consistenza, intorpidisce gli arti e le facoltà mentali; seppure pronunci formule quali “This is the narrative of reality”, il giro spettrale di basso è l’unico peso a fare presa sulla realtà, come ormeggi rinforzati (Anxi.). Tuttavia, a più riprese, i virtuosismi vocali sono meno immaginari e più lucidi e posti alle volte in netto contrasto con il cavernoso basso e i fraseggi tortuosamente strutturati del synth (Lucid), mentre altre volte è come scivolassero su una piacevole nenia pop (Throwing Lines). A prova del fatto che Kelly Lee Owens è frutto di una personalità artistica polimorfa e in continuo sconvolgimento e rivolgimento, da una parte ci sono le manifestazioni appariscenti, tra luci intermittenti, di un adolescente che cerca di sedurre a tempo della sequenza beep e del drum borioso (Evolution,CBM) e, dall’altra, c’è il tempo riflessivo e maturo di una ballata scritta su un tappeto elettronico logoro come un parquet graffiato, sopra il quale le suole lisce delle Oxford si lasciano andare allo stesso modo del cuore.

Il dato emotivo è di estrema centralità in Kelly Lee Owens e questo perché è un debutto che incorpora tante idee di pop, di elettronica e complessivamente di architetture del suono, da non poterne dare una categorizzazione. Kelly Lee Owens partecipa sentimentalmente alla produzione e propone un immaginario musicale in rilievo, alle volte quasi in movimento e altre volte ancora vivo: come tutte le donne di Renoir, Kelly Lee Owens tiene insieme innumerevoli sfumature “che sulla tela rendono la carne viva e palpitante”.

Tracce consigliate: Arthur, Anxi., Keep Walking.