Uno dei mantra che vengono ripetuti alle persone che cercano risposte semplici alla domanda “come fare successo?” è quello di uscire dalla propria comfort zone: uscire da casa e darsi da fare, smettere con le abitudini dannose, darsi da fare per creare qualcosa senza sperare che caschi dal cielo. Volente o nolente James Vincent McMorrow ha optato per l’uscita da quella comfort zone che per lui era rappresentata dall’isolamento compositivo in lande sperdute delle campagne irlandesi. Giunto al suo terzo album, il talentuoso cantautore irlandese ha riordinato le idee ed ha capito che rinchiudersi in sé stesso non era più ciò di cui necessitava; We Move è infatti un esperimento itinerante, un album nato tra Los Angeles, New York, Miami e Dublino, un album che esprime in maniera netta ed esplicita l’idea di movimento e, va da sé, di cambiamento. Questo muoversi, confrontarsi con altre persone, vivere per forza di cose una vita frenetica e tremendamente veloce ha indubbiamente fatto scattare qualcosa nella sua vena creativa, qualcosa che emerge con chiarezza in We Move, che si discosta per atmosfere e ritmi dai due album precedenti, senza però alterare troppo lo stile del folletto irlandese.

Sono passati dunque due anni da Post Tropical, un album che era riuscito con successo a sfuggire alla maledizione del “sophomore sfigato” e che segnava la strada intrapresa da McMorrow, ossia quella di fondere sempre più una componente elettronica con il suo desiderio ancestrale di folk. D’altronde è stato lui stesso ad ammettere come ogni pezzo che compone nasca imprescindibilmente dal suo laptop, salvo poi arrangiarvi sopra tutto il resto. Rising Water apre le dieci tappe di We Move, con un ritmo incalzante immerso in un’atmosfera festosa e leggera, cosa rara nelle produzioni di McMorrow. Per tornare al classico stile del cantautore irlandese basta però muovere verso I Lie Awake Every Night, lenta ballata in cui voce e batteria danno vita ad un pezzo straziante, un monologo pieno di domande senza risposta e frasi amare (“Have you come here to waste my time again? You’ll never learn how much I want to burn”). Un interessante esperimento è rappresentato da One Thousand Times, che coi suoi ritmi 80’s richiama vagamente i Police; e ancora Seek Another esce dagli schemi dell’autore un po’ per l’uso preponderante del coro, un po’ per il tiro incalzante. La tappa finale è un gioco di parole, Lost Angles, dedicata forse alla città che lo ha accolto (L.A.), forse ad un amore ormai perso.

Questo lavoro, incentrato sulla forza del movimento, mostra come anche il più sedentario dei compositori possa a suo modo rivoluzionare la sua indole e la sua vena compositiva, semplicemente grazie alla forza di volontà. E così James Vincent McMorrow con We Move compie un altro piccolo passo verso l’affermazione totale nel suo genere, staccandosi dagli stereotipi che lo vedevano come un James Blake o un Bon Iver di Serie B, ritagliandosi lo spazio che si merita all’interno del panorama musicale contemporaneo.

Tracce consigliate: Rising Water, Get Low