Dopo una serie infinita di annunci, smentite, brani inediti e quant’altro, finalmente il travaglio artistico di James Blake è finito, ed è finito in maniera repentina; un annuncio snello senza tanti fronzoli, “l’album uscirà a mezzanotte e si chiamerà The Colour In Anything”. Per tutto il 2015 si erano inseguite voci sull’album in questione: dal nome che doveva essere Radio Silence (che poi è divenuta la opening-track) alle collaborazioni annunciate con Justin Vernon e Kanye West (la prima realizzata, la seconda concretizzatasi in un nulla di fatto). E se l’hype per questo LP era a livelli altissimi, lo si deve non ad una mossa di marketing, né ad espedienti mediatici particolari, ma semplicemente alla storia artistica di James Blake, il quale con i suoi due album si è indubbiamente qualificato come uno dei producer più influenti dell’ultima decade.
Cosa aspettarsi dunque dal terzo album di James Blake? Sicuramente un album scuro, malinconico e intimo. Le aspettative non sono state disattese in questo senso, ma c’è molto, molto di più in questo terzo episodio rispetto al James Blake cui siamo stati abituati. In uno slancio di vita (novità per lui) Blake ha infatti ammesso che quanto fatto finora lo ha reso una sorta di icona della musica triste, del grigiore, dell’autunno perenne; per questo il producer ha voluto cercare di dare una svolta alla sua immagine (ci è riuscito) e alla sua musica (ci è riuscito meno, fortunatamente), passando dal grigiore di James Blake e Overgrown ai colori di The Colour In Anything. Un ottimo punto di partenza per modificare il proprio modus operandi è sicuramente quello di collaborare, che per Blake ha significato anche e soprattutto socializzare: e se con Kanye la collaborazione non è andata in porto, con Justin Vernon è nata non solo quella perla che è I Need A Forest Fire, ma anche un’amicizia, quasi fossero stati separati alla nascita. Ma ancora più importante è il ruolo ricoperto da Frank Ocean nella realizzazione di questo album, che nonostante non appaia in alcun brano è riuscito ad imprimere in James Blake un perfezionismo artistico che ha decisamente modificato la sua percezione della fase compositiva. Ma, fatte queste premesse, come suona The Colour In Anything? A dire il vero, non siamo distanti anni luce dai primi due album, ma l’ampiezza del disco riesce a mostrare lati di Blake a cui non eravamo abituati. Con ben 76 minuti spalmati in 17 tracce James Blake fonde stili e atmosfere, elettronica e (il suo amato) pianoforte, in un’opera organica che racchiude tutto quello che Blake è e quello che vorrebbe essere. Radio Silence e Love Me In Whatever Way ad esempio, sono l’essenza di James Blake che conosciamo, del suo grigiore, delle sue percussioni accennate ma imprescindibili; al contrario f.o.r.e.v.e.r. e Put That Away And Talk To Me si discostano in maniere diverse dal classicismo: la prima per la limpidezza della sua voce che finalmente ne esce non manipolata, la seconda per l’atmosfera robotica ed ossessiva che accompagna tutto il brano. E così si prosegue fra alti e bassi, con tracce riuscite e prettamente “autunnali” come My Willing Heart e Waves Know Shores, ed altre un po’ meno allineate come la confusionaria Choose Me e l’introspettiva Modern Soul. Altri pezzi forti sono la già citata I Need A Forest Fire, collaborazione con Justin Vernon, la cui influenza emerge in maniera lapalissiana fin dal primo falsetto, e la title track The Colour In Anyhing in cui tutto il pathos di Blake è incanalato in una struggente accoppiata di sola voce e piano.
Se l’intento di James Blake era quello di rinnovarsi e di aggiungere colore alla sua vita e alla sua musica, non si può dire che ci sia riuscito al 100%; il colore c’è, sporadico e un po’ nascosto, ma a farla da padrone è ancora la malinconia ed il senso di smarrimento che lo ha accompagnato in tutta la sua, seppur breve, carriera. È proprio questo però che lo ha reso unico ed inimitabile nel suo genere, facendo di lui un’icona di questi anni ’10, un produttore che è riuscito a reinterpretare la musica soul in una chiave post-dubstep (categoria che, per di più, lui stesso odia). The Colour In Anything è un album riuscito, un album sincero e meno cerebrale dei precedenti; la maturità che sta raggiungendo questo artista passa anche dalla semplicità con cui fa quello che fa.
Tracce consigliate: The Colour In Anything, I Need A Forest Fire