In linea teorica e cronologica la cosa corretta da fare sarebbe parlare di Humanz ripartendo da The Fall, quella brutta produzione nata dalle viscere dall’iPad di Damon Albarn sei anni fa durante il tuor di Plastic Beach; in pratica, invece, bisogna prendere come punto di partenza Everyday Robots, ultimo album del (quasi) cinquantenne londinese. Il motivo è semplice: Damon dopo aver parlato di robot nelle vesti di umano, si ritrova a cantare di umani nelle vesti di cartone animato, nello specifico 2D.

Così come nei precedenti lavori, in Humanz sono presenti featuring enormi del calibro di Grace Jones, Noel Gallagher, Vince Staples, De La Soul, Graham Coxon e Benjamine Clementine, ma a differenza di tutti gli altri album questo è il primo senza hit pop-radiofoniche pronte a sfondare le classifiche di tutto il mondo. Non troverete nessuna Feel Good Inc, nemmeno una mezza Clint Eastwood o una Melancholy Hill, ma rilassatevi e non disperate che c’è altra roba su cui gasarsi.

Come poteva far presagire l’ultima release ufficiale DoYaThing (prodotta da James Murphy), ci troviamo davanti ad un disco prettamente elettronico dove spariscono quasi completamente le linee di basso di Murdoc, i groove di batteria di Russell e le maestose orchestre di archi e fiati. Prendono il loro posto drum-machine distorte e synth sporchissimi (Saturnz Barz) che fanno da padroni in un disco dai suoni cupi che, nonostante ciò, risulta il più party-oriented dell’intera discografia: Momentz e Andromeda con le loro casse dritte, infatti, riaccendono le strobo-light della dancefloor rimaste spente dai tempi di DARE. A rendere ancora più imponente la nuova ondata elettronica ci sono la quasi-industrial in Charger, la house/garage di Strobelite e la techno/deep di Sex Murder Party.

This the land of the free.
Where you can get a Glock and a gram for the cheap.
Where you can live your dreams long as you don’t look like me.
Be a puppet on a string, hanging from a fucking tree.

Let Me Out, Ascension, Submission e Saturnz Barz riescono invece a riportare i Gorillaz in quei territori hip-hop che da sempre contraddistinguono la band, con liriche di protesta contro razzismo, guerra e potere. In particolare in Let Me Out dove Pusha T viene letteralmente bippato mentre pronuncia i nomi di Obama e Trump (Obama is gone, who is left to save us? / They say the devil’s at work and Trump is calling favors). Oppure, appunto, in Ascensions dove Albarn denuncia i cosiddetti Armchair Activist, ossia coloro che manifestano su Facebook e sui social senza scendere mai in piazza (Attack on Iraq, it’s on a line. Typing it fast then it’s slipping my mind. Oh, when I’m drunk I’m spirited back. I fall in a fire then I save myself).

L’unica cosa che forse manca è la solita ballata (o comunque il classico lento) coi controcazzi di Damon, perché Busted And Blue (con i cori di Kelela) è sì un ottimo brano, ma guardando nello specchietto retrovisore della jeep di 19-2000 vediamo brani come El Manana, Slow Country, Don’t Get Lost In Heaven e On Melancholy Hill (etc etc). Siamo troppo pretenziosi forse, ma è difficile non esserlo con 2D.

Dopo mesi di interminabile promozione tra libri sulla storia dei 4 personaggi, prove sulle piste della Formula E, endorsement da parte di Telekom e Red Bull, concerti segreti, app misteriose e tutto il resto i Gorillaz tornano con un disco dai suoni freschi (per i loro standard), ma con gli stessi contenuti sempre attuali e lungimiranti.

Humanz è il cammino che porta gli Everyday Robots a spegnersi momentaneamente (Intro: I Switched My Robot Off) per trasformarsi in umani e cantare felicemente (pari pari all’outro di Demon Days) tutti insieme (We Got The Power) indipendentemente dal colore della pelle, dalle culture, dalle religioni o dal fatto che tu sia uno degli Oasis.

We got the power to be loving each other no matter what happens
We got the power to be ringing the great bell out there above us
We got the power to do that

Tracce consigliate: Submission, Andromeda, Momentz