Dio benedica i computer, è questo quello che Lorenzo Nada vuole dirci a distanza di un anno dal suo riuscitissimo esordio. Di uno dei prodigi dell’elettronica italiana molto si è detto ed altrettanto ci si è aspettati; il ragazzo nel mentre ha continuato a produrre e ad esibirsi su palchi importanti(ssimi), facendosi le ossa. Il progetto Goblesscomputers si inserisce in maniera egregia in quel filone italiano di ragazzi-producers “che ce l’hanno fatta”, la cui passione per il genere li ha portati a fare del proprio hobby un vero e proprio lavoro; parliamo dei vari Yakamoto KotzugaMachweo, Go Dugong per esempio. Da italiani, un plauso va a lui (e a tutti loro) per essere riusciti a farci sentire orgogliosi di ascoltare bella musica con marchio Made in Italy d.o.c.g.  ©®™; da critici però non possiamo calarci le braghe e prendere per buono tutto quello che ci viene dato.

Plush and Safe rappresenta per Lorenzo un lavoro estremamente autobiografico, per sua stessa ammissione; ma dove sono gli elementi autobiografici? Quali sono le tematiche, quali sono le sonorità che rendono Plush and Safe un album narrativo e/o emozionale? Queste domande non hanno trovato una risposta nei ripetuti ascolti all’album.
Closer, la opening-track, detta le linee guida a tutto l’album: il prodotto che ne esce è infatti un mix tra vari generi, tra chill e soul, tra hip hop e ambient. Tra gli elementi più comuni che è possibile trovare nell’album va sottolineata la forte componente soul, che si sposa benissimo con un altro elemento chiave che Lorenzo ha brillantemente descritto come elettronica umana: perché a discapito del suo nome d’arte, Godblesscomputers non disprezza affatto il campionamento di suoni naturali. In Spirits è fortissima la similitudine con un grandissimo del genere, Four Tet, ma subito dopo si cambia registro con un caldissimo ed ossessivo riff di chitarra che va ad aprire Leap In The Dark, uno tra gli episodi migliori dell’album. La linea generale però non sembra prendere troppo le distanze da quello che era stato dettato in Closer: una drum machine, quasi in sordina, fa da sfondo a tutte le tracce che piano piano si compongono tra rumori di bicchieri rotti, voci limpide e pulite o maneggiate ed irriconoscibili, ed una melodia mai aggressiva, ma sempre piacevole. L’album è senza dubbio bello da ascoltare, piacevole e rilassante al tempo stesso, ma il messaggio che Lorenzo ha voluto dare forse non emerge con eccessiva chiarezza. Le tracce si assomigliano molto, forse troppo; il genere è sì un ibrido, ma pur sempre molto molto vicino alle influenze che trasudano qua e là.

Si badi bene, Plush and Safe non è affatto un brutto album; ha degli ottimi spunti, non è pesante e può vantare una produzione molto valida. Quello che non convince, ma che non influisce sulla validità del prodotto in sé, è il tentativo troppo marcato di descrivere un prodotto piuttosto distante da una qualsiasi espressione emozionale, come un album fortemente autobiografico: non dubitiamo del fatto che tu ci abbia messo del tuo, godblé, ma dove sta tutto ciò?

Tracce consigliate: Closer