Qualche giorno fa Ghali ha postato un video-teaser in cui mostrava tutti i produttori del suo ultimo album, DNA, uscito oggi per Sto Records/Warner Music. Un coro rumorosissimo si è alzato immediatamente nella sezione commenti di YouTube, facilmente riassumibile in “Ma dove cazzo è Charlie Charles?“. Nel nuovo disco dell’artista di Baggio, infatti, non è presente il più importante artefice del suo successo nonché produttore del suo album di debutto, Album. La scelta è stata quella di affidarsi a più beatmakers, ma a quanto pare non ha ripagato. Per niente.

Il disco, sin dal primo ascolto, risulta essere una compilation di brani che, presi singolarmente, potrebbero forse funzionare da qualche parte (chi in radio, chi nel club, chi in fattanza), ma nel contesto di un lavoro di 43 minuti stridono tra di loro terribilmente.

Nonostante le produzioni siano state affidate ad artisti validi (Venerus, MACE, Sick Luke, MB solo per citarne alcuni) le canzoni suonano arronzate e superficiali, così come i testi – talvolta cringe come in un passaggio del brano Barcellona (prod. Venerus e MACE):

E tu sei vergine per gli astri
e quando lo facciamo è come se tu lo tornassi

Un verso perfetto come bigliettino da Baci Perugina o per la prossima campagna promozionale del Cono 5 Stelle Sammontana.

I pezzi prodotti da Sick Luke (Fast FoodScooby Doo) hanno praticamente gli stessi beat usati 3 anni fa in Twins, il reggaeton di Jennifer neanche ve lo stiamo a commentare, il copia-incolla di Closer dei Chainsmoker nella traccia Good Times… vabbè è prodotta da Merk & Kremont (gli stessi di Rovazzi e Il Pagante) e il pianoforte scordato di Flashback è stato rubato a SUPREME di Marracash.

Tra i brani da salvare troviamo l’intima 22:22, il feat. con tha Supreme in Marymango con il suo cambio di beat nel mezzo che funziona bene e la titletrack DNA.

Per chi si aspettava una continuità dopo il buonissimo debutto di tre anni fa, non vi è traccia della tipica profondità di Ghali nella scrittura in nessuno dei pezzi presenti in DNA – nome tra l’altro molto curioso poiché, quello che ne risulta, è proprio un Ghali snaturato di tutto il bagaglio musicale proposto in questi anni.

In conclusione chiariamo qualcosa: l’innovazione non è mai condannata, per niente, soprattutto in un ambiente musicale che si appiattisce ogni giorno di più, fissato sempre sugli stessi argomenti e sugli stessi beat che vengono triti e ritriti ogni volta ma, come i boomer ben insegnano “chi lascia la via vecchia per quella nuova, sa quello che lascia ma non quello che trova” e Ghali non sembra aver trovato una strada dove continuare a far sfrecciare il suo nuovo progetto. Nonostante lo stesso artista dica di non voler avere un’identità musicale ben precisa bisogna dare un minimo di filo conduttore in un album e se questo manca il risultato è una confusione generale nell’ascoltatore, attento o meno che sia.

Abbiamo prima menzionato la solita campagna promozionale estiva di Sammontana dove, nella versione dove Mecna ha curato il testo, possiamo trovare un buon riassunto dell’intero album

Partiamo, non partiamo, nessun piano.

E nella mia vita non avrei mai pensato di dover utilizzare quello spot come citazione intelligente.

Tracce consigliate: Marymango, 22:22