Inizio premessa.

Quando si tratta di situazioni tristi, ci sono due categorie di persone: da un lato troviamo quelli che per superarle ci si buttano dentro in picchiata, di testa; dall’altro, quelli che si prendono una vacanza, mettono i Jungle in cuffia e rimandano al giorno dopo. Se appartieni a quest’ultimo gruppo è bene che tu sappia che Forme Complesse, album n. 7 dei Fine Before You Came, è stato scritto durante il lockdown e ti farà del gran male. Quindi, prima di schiacciare play devi chiederti se hai voglia di affrontarlo e la forza per sopportarlo. Se invece fai parte del primo, non avrai di certo paura di prendere l’ennesima capocciata.

Fine premessa.

Il 19 febbraio 2021 i Fine Before You Came hanno abbandonato Facebook e deciso di comunicare con la propria fanbase esclusivamente attraverso la loro newsletter, dalla quale hanno inviato il pre-ascolto del nuovo disco in anteprima – come si fa con i vecchi amici. Un disco, scopriremo poco dopo, nel quale tutti hanno fatto un po’ di tutto, scambiandosi gli strumenti, scrivendo e suonando separati, un po’ di qua e un po’ di là. A poche ore da quel play su sfondo bianco è arrivata, in puro stile DIY, anche la release ufficiale. (Al momento) non c’è su Spotify, né su Youtube, ma unicamente su Bandcamp, in download al costo di una birra media. La scelta è in controtendenza con le consuetudini attuali, ma è coerente con quelle di una band che per vent’anni ha regalato dischi e che da vent’anni segue il senso di marcia opposto, facendo quello che fa perché sente di farlo, per sé e per gli altri e poi per il mercato, all’interno del quale ha una dignità unica ed indiscussa solo e soltanto grazie alla potenza delle cose che racconta e del modo in cui lo fa.

C’è poi una seconda scelta, altrettanto coraggiosa, che contraddistingue Forme Complesse. La band milanese viaggia di nuovo controcorrente e, invece di proseguire sul solco tracciato negli anni, passa oltre (come in parte già fatto con Come Fare a Non Tornare o ne Il Numero Sette) uscendo dalla propria bolla e presenta un album lento e misurato, ma sempre spaventosamente profondo. La pacatezza con cui si esprime è ancora più straziante perché, passata la rabbia, è la prova che ci si è appropriati del dolore e che c’è un cambiamento interiore in atto. In questi termini la questione di fondo non sembra essere più quella dell’essere pronti o meno, quanto piuttosto: hai capito a che punto siamo arrivati?

Nelle linee melodiche, nel basso e nelle chitarre di Acquaghiaccia e di Intorno è facile cogliere questo differente modo di comunicare e di reagire. Un crescendo emo-tivo razionale e consapevole, che sale lentamente come in una pentola a pressione, dove il rilascio avviene solo quando tutto diventa intollerabile. E, metaforicamente, non appena il coperchio salta, il cervello fa clic ed ecco arrivare i flashback di tutto quello che era finito in qualche angolo nascosto. Ci sono poi le lunghe code che chiudono i brani, ma aprono i cassetti nella testa. Chitarre leggerissime, che a volte sono solo rumori, che potrebbero interrompersi prima, ma che invece vanno avanti ancora un po’ fino a scomparire, come il tempo che si è completamente sgretolato.

Piccola parentesi merita la title track, Forme Complesse, che, tra musica e parole, scatena i ricordi e proietta al domani da tutti atteso, quello con Jacopo in mezzo al palco e davanti la gente che fa le capriole, che suda e che si accalca. Pugni chiusi rivolti al cielo, buttare fuori tutta la merda che ci siamo ingollati in silenzio per tutto questo tempo gridando fino a farci scoppiare le tonsille:

Sfidar geometrie che poi variano sempre
Che tanto alla fine di quello si tratta
Capire se è facile quando calza a pennello
Oppure adattarsi alle forme complesse

E siamo, dunque, ai testi dell’album, ricchissimi e densi. Pieni fino a scoppiare di amarezza e dolori reali, aprono le porte alle sensazioni, che vengono rese ancora più amare e reali da tutti i lividi che prima non c’erano e che ci sono spuntati sulla pelle in questi dodici mesi. Sembrano non scolorire mai, nemmeno a distanza di un anno, da quando, cioè, è iniziato questo casino che prende il nome di Pandemia. Isolamento, progetti, solitudine, appartamenti. Il futuro. Convivenze, letti singoli, abitudini. Giorni di pioggia. La precarietà ed i rapporti. Le consapevolezze. L’adattamento. L’insonnia. E, ancora, Intorno con “Ora che ti senti persa lascia solo che ti segua / Non importa quanto intorno gireremo”. 

Nel complesso, sette istantanee dalle liriche color grigio Milano, che raccontano l’impatto emotivo di un momento, evocando  tutto quello che il 2020 si porta appresso e che proprio come in una fotografia è rimasto sospeso (anche) nel (tuo) tempo.

Le reference e le possibili associazioni di idee di questo album sono innumerevoli ed ognuna di esse potrebbe essere un nuovo tatuaggio da esporre sul petto, ma credo che sia tutto dentro Piano Impreciso: un acustico raggelante e morbido, con la pioggia in sottofondo che ricorda Piuma dei Verdena; le dita che si muovono sulle corde e la voce che sospira cose del tipo: “Dove eravamo quando il superfluo era all’ordine del giorno / Boh / Ma adesso ho un piano impreciso / Due giorni mi attivo e due giorni invece riposo. Nemmeno pianifico. Costruisco rifugi di stoffa o insomma improvviso un po’. “

Franz Kafka nel 1903 scriveva:

Ma ciò di cui abbiamo bisogno sono quei libri che ci piombano addosso come la sfortuna, che ci perturbano profondamente come la morte di qualcuno che amiamo più di noi stessi, come un suicidio. Un libro deve essere un’ascia per rompere il mare di ghiaccio che è dentro di noi.

Forme Complesse non è né un libro né un’ascia, ma ti apre letteralmente in due. Ribalta le convinzioni passate e ridisegna le prospettive future. Nel suo dilaniarti, senza colpi di cannone, ma lentamente, con un bisturi ed una precisione chirurgica, non ci sono cattiveria o malafede. Al contrario, ciò che lo rende un disco speciale è la sensibilità con la quale ti si avvicina all’orecchio, proprio come un vecchio amico, a dirti che le vacanze sono finite.

Tracce consigliate: Piano Impreciso, Forme Complesse, Intorno