Fenne Lily ha poco più di vent’anni, viene da Bristol e si è fatta notare nel 2018 con On Hold, un album di classico e dolente indie-folk sui postumi di una rottura alla Laura Marling/Sharon Van Etten maniera, molto delicato nei toni e sorprendentemente maturo nei testi. A marzo di quest’anno poi l’annunciaziò: la firma per la Dead Oceans – l’etichetta americana costola del Secretly Group che vanta tra le sue fila Phoebe Bridgers, Mitski e Shame – e l’uscita di un nuovo ottimo singolo, Hypocondriac, ad anticipare il secondo disco.
Voce morbida e avvolgente, ironia giusta nella vita vera, amicizie solide con le altre ragazze del microcosmo indie come Lucy Dacus, Frances Quinlan degli Hop Along, Mal Blum e Angie McMahon, Fenne Lily infila un ottimo singolo dopo l’altro e con queste premesse sembra avere tutte le carte in regola per giocarsela nel campionato delle grandi.
Dopo Hypocondriac, infatti, arrivano To Be A Woman Pt. 2 – un gioiellino di rabbia controllata dove la voce rassicurante di Fenne Lily ammorba e tiene a bada anche l’esplosività delle chitarre – e Berlin, pezzo a tema solitudine, crisi esistenziali e self-confidence che vede la partecipazione ai coretti proprio di Lucy Dacus e una chitarrina distorta sul finale che capovolge tutta l’indolenza dei primi due minuti.
Per questo è proprio un peccato che alla fine siano state tagliate fuori da BREACH sia Hypocodriac che To Be A Woman Pt.2. Perchè BREACH è un buon album anche così, ma con qualche ballad in meno e qualche chitarra in più sarebbe stato un album ottimo. I pezzi più convincenti del disco sono infatti Alapathy e Solipsism, quelli più lontani dalla pacatezza di On Hold e più delicatamente rumorosi e stratificati, in cui Fenne Lily gioca a fare l’indie rocker tutta riff catchy e riverberi. Tra i pezzi più soft una menzione speciale spetta a I Used to Hate My Body But Now I Just Hate You, già dal titolo un inno liberatorio e sardonico all’auto-accettazione, un pugno allo stomaco onesto, reale e a suo modo divertente che Rupi Kaur levate proprio.
Insomma, Fenne Lily ha una capacità di raccontarsi non banale e BREACH è un buon album di transizione che si muove però troppo in punta di piedi, a cui manca una spintarella e qualche singolo in più per essere davvero memorabile.
Ma il tempo c’è, e noi aspettiamo.