Antonio Elia Forte aka Echopark, è una nuova ma già amatissima conoscenza. Ascoltando Trees potresti seriamente prenderlo in considerazione come fidato tour operator.

Ci sono viaggi che capisci rimarranno indelebili nella memoria non appena chiudi a chiave la porta di casa, lasciando per quei pochi giorni tutto alle spalle, tutto lontano, in una dimensione parallela di eterna complicità.

Scendi le scale due a due, incalzato dal ritmo galoppante di Cranes e a passo spedito saluti il tuo balcone, che mai come in questa circostanza sembra colorato e rigoglioso. La cameretta a Whitechapel, dimora della nascita di un’eterea creatura, diventa sempre più piccola man mano che ci si allontana. Nemmeno il tempo di voltarti e sei già arrivato. Teleportation ti porta in ogni dove. Avvolto da un turbine di synth, percussioni e voci provenienti da luoghi sconosciuti, non ti sembrerà nemmeno di essere partito, ma di aver semplicemente vissuto all’interno di un fantastico trip. Ti fermi per un attimo perchè non vedi più il sole. Sei ai piedi di un imponente monte; l’incalzante climax iniziale di Mountain ti fa scalare il ripido pendio come uno stambecco, come se non avessi fatto altro in vita tua, fino a farti esplodere giunto alla cima. Quando sei lassù ritrovi il calore della luce; nulla può fermarti, nulla può controllarti, sei tu che domini tutto e tutti. L’amore non può mancare e la cotta adolescenziale questa volta si chiama Franky, proveniente da un luogo non ben precisato, probabilmente scesa direttamente dalle stelle. Delicata e tenera in tutto, le sussurri dolci parole nell’orecchio, la sfiori con chitarra acustica e timidi synth perchè nei primi approcci non puoi essere troppo spavaldo. È il momento delle chitarre. Più corpose e ritmate in Youth and Fury, leggere e fluttuanti in Raindrops, suonata sotto un riparo di fortuna, durante il classico scroscio estivo che coglie sempre di sorpresa, mentre osservi la ciclica e ipnotica risacca del mare. Temporale finito e nuvoloni solo in lontananza. Con Gray Clouds il synth si risveglia, le percussione diventano corpose, il ritmo e la temperatura aumentano e ricominci a ballare e a fantasticare come se non ci fosse un domani. Waves è come l’ultimo sballo prima del ritorno. Parti piano per non strafare e ti accontenti di contenute chitarre ma quando inizia ad insinuarsi il basso, lo assecondi e non puoi più farne a meno. For Lore chiude il cerchio con sfumature lo-fi su accordi imperfetti, così come imperfetta è la valigia raffazzonata del mesto rientro a casa.

Dopo i singoloni di lancio Teleportation e Gray Clouds, Echopark non si smentisce nemmeno nel disco d’esordio Trees. Ci presenta un’opera solida e mai banale, con cambi di ritmo e di stile che consentono all’ascoltatore di rimanere sempre attento e partecipe. Impercettibili sono i momenti di stanca grazie anche ad un mirato posizionamento delle tracce. Un suono essenziale, minimale in cui si fondono in maniera paradisiaca tinte dreamy lo-fi. Whitechapel è  il fulcro del disco ma va dato gran risalto a Matilde Davoli che “si e’ rotta il culo per mixare quel casino” (cit.) e al Sudestudio di Lecce, in cui sono state registrati alcuni campionamenti di batteria e chitarra. E’ anche merito loro se è tutto così ricco di calore, tutto così imperfettamente perfetto.

Reccomanded Tracks: Teleportation, Gray Clouds.

7.5/10