Arrivati al quinto album in 8 anni, gli inglesi Dutch Uncles si confermano come uno dei gruppi più stilosi e fighi in circolazione. Se il precedente ‘O Shudder era un viaggio nell’art pop più raffinato, tra elettronica, sintetizzatori, fiati e archi, Big Balloon porta di nuovo le chitarre in primo piano.

È proprio il brano che dà il nome all’album (e apre il disco) ad aver tracciato la direzione stilistica di questo nuovo lavoro, come dichiarato dal bassista Robin Richards (“Big Balloon” helped steer the direction of the album, it reminded us of the potency of electric guitars, and brought them back as focal instruments on the record.) Basso e batteria non sono però mero riempitivo, anzi; perché se è vero che complessivamente si tratta di un lavoro incentrato su riff di chitarra spigolosi (ma orecchiabili al tempo stesso), è impossibile non notare la compattezza, la potenza e la precisione della sezione ritmica (a dir poco muscolare) che è, a conti fatti, uno dei punti di forza del disco. Andrew Proudfoot e Robin Richards sono un autentico spettacolo. Baskin è forse uno dei loro pezzi più aggressivi di sempre, il falsetto del cantante Duncan Wallis è avvolto completamente dalle sei corde kraut di Pete Broadhead e dal frenetico e quasi asfissiante ritmo tenuto in piedi da basso e batteria (che si muovono quasi come fossero un unico strumento), per dare spazio verso la fine a degli archi orientaleggianti che smorzano un po i toni facendo respirare l’ascoltatore. Combo Box è costruita su un riff di chitarra acida e sghemba che sembra suonata dal miglior Robert Fripp, rincorsa da una sezione ritmica bella quadrata con cui a tratti sembra giochi a una sorta di botta e risposta, con un ottimo risultato. In Same Plane Dream (pezzo che affronta la questione dei tagli del governo) ripetitive linee di synth, basso e chitarra si susseguono su un drumming a tratti frammentato, che si trasforma in un beat quasi disco nel ritornello per poi tornare a singhiozzo nel resto della canzone; questi continui cambi di direzione irregolari sono addolciti da un timbro di voce soulful che contribuisce a non rendere troppo pesante l’atmosfera. Achamaleon è una ballata composta esclusivamente da piano, voce e archi che, dopo un quartetto di canzoni tirate come quelle che l’hanno preceduta, sembra fuori posto, ma non stona di certo con il resto dell’album. Hiccup parla della fine di un rapporto, tra synth, archi e disinvolte linee di chitarra che ricordano gli XTC più divertenti; Streetlight parte in crescendo con ancora il synth in primo piano accompagnato da una sublime chitarra twang riverberata che crea un atmosfera sognante.
L’up-tempo Oh Yeah, impreziosita dai backing vocals di membri degli Everything Everything e Stealing Sheep, è un tripudio di tastiere manipolate e cambi di tempo irregolari su una martellante cassa dritta, divertente e stilisticamente impeccabile al tempo stesso. Sink è il primo e unico pezzo elettronico dell’album, un interessante e curiosa miscela di suoni e ritmi sghembi, su di un beat di batteria elettronica tipicamente anni ’80. L’orchestrale Overton conclude i circa 35 minuti di un disco che per quanto ricco di stili, influenze e variazioni sonore e ritmiche sembra durare almeno il doppio.

A differenza del precedente ‘O Shudder, non c’è un filo conduttore che unisce le canzoni, sono 10 storie diverse che spaziano dall’uso di antidepressivi (Big Balloon), un viaggio a Černobyl (Sink), una serata fuori tra amici (Baskin) e altri temi come la paranoia e il governo. Siamo di fronte a un gruppo che dà sì pieno sfoggio del suo enorme potenziale ma lo fa senza mai scadere nell’autocompiacimento: le trame intricate,  i repentini cambi di tempo e ogni singola variazione stilistica sono comunque sempre a servizio della canzone e mai fini a se stessi. I Dutch Uncles non nascondono le proprie influenze musicali riuscendo comunque a risultare originali, cosa tutt’altro che facile quando i tuoi punti di riferimento principali sono Talking Heads, XTC e Japan. Il cantante Duncan Wallis è la perfetta sintesi tra Byrne e Sylvian, tanto da ricordarli in maniera esemplare. La grandezza di questo disco sta nell’essere riusciti a fondere con eleganza, gusto e personalità generi come math rock, art pop, prog, funk e (a tratti) soul senza mai risultare pesanti e confusionari. Big Balloon è il risultato di un affiatamento e una coesione eccezionale di un gruppo che speriamo possa regalarci altri dischi dello stesso livello in futuro.

Tracce consigliate: Big Balloon, Combo Box, Streetlight.