I Big Deal, all’anagrafe Alice Costelloe e Kacey Underwood, fanno parte di quella categoria di band con tutte le carte in regola: tante buone idee, una componente parecchio figa e simpatia da parte dei media del settore (l’esordio risale ormai a tre anni fa, un demo messo in free download da NME). Dopo aver pubblicato Lights Out nel 2011, un album discreto del quale tuttavia poco è rimasto, eccoli tornare con una formazione rinnovata, comprensiva ora di batteria e tastiere, con questo nuovo June Gloom, seconda prova in studio per il duo londinese. Ascoltiamo.

Il disco di apre con Golden Light, che dopo un intro acustico memore dei primi lavori, ci introduce le novità: dopo le armonizzazioni vocali, vero punto di forza dei due, entra con prepotenza la batteria, essenziale e potente, ad accompagnare il gradevolissimo mix vocale e chitarristico. Un pezzo che non ci fa rimpiangere la passata lineup minimale, che poteva essere gestito sicuramente con maggiore proprietà a livello di arrangiamenti e dinamiche. Segue In Your Car, al quale tocca presentarci le tastiere, che con gradevole discrezione accompagnano il brano, già di per sé decisamente riuscito. Come già detto riguardo l’opening track, è soltanto la batteria a lasciare perplessi: se con uno sforzo di arrangiamento maggiore questo pezzo poteva essere considerato a tutti gli effetti un Gran Pezzo, con un arrangiamento prevedibile come questo, in cui le ritmiche si interrompono solo in stacchi acustici tanto prevedibili quanto brevi, rimane nel limbo della semi-mediocrità. Il successivo Dream Machine è una composizione sicuramente ispirata, sicuramente gestita molto meglio delle precedenti. Partendo da una ritmica già di base più interessante, riesce a non annoiare in definitiva mai -e anche suoni di chitarre e vocalizzi appaiono più ricchi e curati di quelli dei pezzi precedenti. Terminato il sanguigno incedere di Dream Machine arriva Call and I’ll Come, uno dei brani più pop dell’album, poco interessante già di per sè, ulteriormente penalizzato da un arrangiamento assolutamente piatto. Il seguente Tetradoctol dimostra con la sua deliziosa sincope che un’avveduto uso della sezione ritmica salva la vita, aggiunge colore alle composizioni trasformando una canzoncina carina ma nulla più in un pezzo che si fa ricordare. I successivi Pristine e Pillow vedono un lieve cambio di registro, che, visto ciò che è stato finora il generale andamento del disco, risulta tutt’altro che fuori luogo. Evocando atmosfere più dilatate e sognanti, i nostri cari Big Deal riescono a rapirci, facendo radicalmente migliorare la situazione di un album che finora non ci ha certo fatto urlare al miracolo. Proseguendo l’ascolto la situazione migliora ancora: in brani come Catch Up, o l’interamente acustica Little Dripper, il duo conferma di essere capace di arrangiamenti significativi, degno coronamento di composizione che proseguendo l’ascolto si fanno via via sempre più interessanti. Arriva infine Close Your Eyes, che con un bellissimo crescendo chiude magistralmente questo June Gloom.

Bravi Alice e Kacey. Questo disco è nel complesso molto più interessante del precedente, sicuramente meno noioso e ovviamente molto meno settoriale. Molto bene la scelta di adottare batteria e tastiere, che sanno nella maggior parte dei brani conferire un valore aggiunto alle composizioni. Non stiamo parlando di un capolavoro; tuttavia June Gloom è la prova sicura del fatto che i Big Deal abbiano qualcosa da dire, l’elemento che fa ipotizzare che i due possano, con un po’ di lavoro ulteriore, raggiungere vette davvero significative.

Recommended tracks: Dream Machine, Tetradoctol.

7.2/10