Benjamin Clementine, giovane londinese ormai traferitosi a Parigi da quasi dieci anni, è una nuova promessa che si sta già facendo largo nella scena musicale europea con il suo album di debutto intitolato At Least For Now.
Benjamin nasce nella periferia di Londra da genitori di origini ghanesi. La sua non è un’infanzia come le altre, pare abbia imparato a suonare il piano esercitandosi su una tastiera giocattolo rubata. Benjamin ha vissuto, come si può capire dai suoi testi, un lungo periodo di povertà e di disagio e a soli 18 anni dopo essersi trovato  dormire in strada prende la decisione di trasferirsi a Parigi e iniziare la sua vita da musicista urbano. Lo troveremo allora cantando le sue poesie nella metro parigina ed è qui che un agente lo noterà. Ed ecco che inizia il tutto, Benjamin registra un ep: Condolence, esce il singolo Cornerstone, viene ospitato da Jools Holland e suona la stessa sera insieme agli Arctic Monkeys e Paul McCartney.
Ed eccomi oggi a recensire l’album di debutto di un artista che ne ha passate davvero tante.
La prima traccia dell’album è Winston Churchill’s Boy, una canzone che pian piano si evolve sempre quasi come se fosse un cammino. Inizia con delle semplici note di piano, arriva la voce bassa che cresce lentamente, gli archi si amalgamano al tutto e la batteria contrasta donando un leggero groove alla canzone (così come in The People and I). È un pezzo che parla della solitudine di un ragazzo abbandonato da tutti e costretto ad abbandonare tutto, questo anche il tema principale del disco. Già da qui si può notare il modo particolare di cantare, si vede che il ragazzo è cieco dalla rabbia e cerca di farsi ascoltare, sembra che quasi urli; ma il parlare cantando è una tecnica usata già da altri artisti quali Nina Simone e Gil Scott-Heron, così facendo le parole arrivano all’ascoltatore più facilmente come a voler instaurare un legame particolare tra cantante e interlocutore.
In Then I Heard a Bachelor’s Cry la voce vince su tutto, si raggiungono delle tonalità alte ed è probabilmente collegato al fatto che la canzone parli di speranza e redenzione. Ma non è l’unica canzone dove si possono trovare dei giochi di voce, Nemesis e Condolence ne sono un esempio. La prima è una ballad con cori affannati che ricordano quasi James Blake, nella seconda invece il piano segue i ritmi della batteria e la voce sembra non fermarsi mai, dando l’impressione di non avere limiti. London è un pezzo che parla probabilmente dei momenti di debolezza vissuti a Parigi, sul perchè stare buttati in strada quando si può benissimo tornare a casa. È una canzone che sottolinea come gli attimi di debolezza ci saranno sempre ma che comunque sinchè si insegue un sogno nel quale si crede non bisogna mai gettare la spugna. Così segue Adios, inno alla irremovibilità del suo autore, la frase “The decision is mine” è ripetuta più volte
Cornerstone è il singolo che ha reso famoso Clementine e ha lanciato quest’album. Il tema è la solitudine, non si sa bene se parli della solitudine dei suoi due anni trascorsi a Parigi o della solitudine con la quale ha vissuto per una vita intera. L’album si chiude con Quiver a Little e Gone, due pezzi fatti per spegnere lentamente l’atmosfera, forse sin troppo; sono infatti dei veri e propri monologhi con sottofondo musicale.

At Least For Now è un lavoro davvero sofferto, che fa capire come, per arrivare ad esprimersi al meglio, una persona senza i mezzi adatti debba sudare, anche quando il costo da pagare è quello di ridursi ad una vita sulla strada pur di avvicinarsi al proprio sogno. Forse pecca generalmente di scarsa varietà musicale, ma è un difetto che passa certamente in secondo piano.

Tracce consigliate: Winston Churchill’s BoyThen I Heard a Bachelor’s Cry.