Sono trascorsi due anni da quando John Barrett è passato dall’essere impiegato alla Fat Possum ad essere artista della Fat Possum, facendo uscire quel GB City scritto e suonato con l’amico Colin Sneed alla batteria. Il mood era dei più rozzi che possiate immaginare, i Black Keys che incontrano Ty Segall, coretti catchy spalmati su riff grezzi, i testi e le musiche di chi sogna la California degli skater e delle droghe di Wavves ma è costretto a vivere nell’alienazione di una cittadina di provincia. Il tutto registrato con un lo-fi sfacciato che aveva infastidito alcuni, entusiasmato altri.
Alla seconda prova selftitled i Bass Drum Of Death, di cui Barrett rappresenta sempre più la mente e l’anima creativa, hanno deciso di non liberarsi dell’ingombrante bagaglio garage-rock, bensì di arricchirlo con episodi multiformi.
Quando vengono accantonati i momenti tiratissimi più conformi al passato, fatto di anthem à la Japandroids da gridare durante il pogo (Bad Reputation, I Wanna Be Forgotten e la potentissima Crawling After You), ci ritroviamo a rivivere i 60s con Fine Lies e con il riff surf di Shattered Me, passando dalla coda strumentale e dilatata di Such A Bore alla psichedelia punk dell’irresistibile Faces Of The Wind, tutta riverberi e Big Muff.
Nel trittico finale – In Way Out, White Fright, (You’ll Never Be) So Wrong – è la chitarra la regina incontrastata della scena, con feedback, distorsioni e loudness da far sanguinare i timpani.
Pur mantenendosi ancorati al porto del lo-fi più spietato dunque, i Bass Drum Of Death sono riusciti a migliorare un esordio per certi versi acerbo, portando sì la psichedelia e altre contaminazioni in garage, senza mai perdere però quella sfacciataggine e quella sincerità sonora che ancora fanno apparire ogni pezzo come un vaffanculo gridato a squarciagola.
Gli amanti del genere lo ascolteranno tutta l’estate, gli altri si tapperanno le orecchie.
Tracce consigliate: Crawling After You, Faces Of The Wind