Conferenza stampa di X Factor 2013

Ciao amici, l’intento di questo articolo non è quello di fare un reportage del noto talent show creato da Simon Cowell, il cui obiettivo è quello di formare una pop star, bensì quello di tirare le somme e mettere giù un paio di spunti dal punto di vista di un musicista o di un normale appassionato di musica non lobotomizzato.

Come credo tutti sappiate, X Factor nasce negli Stati Uniti e può vantare diversi cugini in tutto il mondo, tra questi ovviamente esiste l’X Factor italiano, prima di casa Rai e da qualche anno fruibile solo dai fortunati possessori di Sky.
L’Italia, come in molti casi e a maggior ragione sul versante musicale, è un paese singolare: la forma canzone, a diversi livelli di notorietà, dai garage di periferia ai palazzetti, soffre di una brutta malattia, quella del cantautorato.
Non ci sono segni di miglioramento da nessun fronte, da sessant’anni non riusciamo a scrollarci di dosso questa figura professionale, che come fa un condor sulla carcassa di un bue morente, ammorba con la sua presenza nelle radio, nelle trasmissioni, nelle classifiche e nei negozi di dischi, l’industria discografica italiana a tutti i livelli. Da De Andrè a Colapesce, da Guccini a L’Orso, da Morandi a Brondi, da Battiato a Dente, il cantautore è una figura ciclica e immortale, un personaggio mitologico dalle mille facce che non accenna minimamente a crepare.
Già un “che cazzo ce ne facciamo di X Factor, allora?” potrebbe essere un buon primo spunto di riflessione. Il sogno americano, d’altro canto, è un fantasma sempre presente e da buoni membri della NATO non ci facciamo mancare nulla: ecco a voi questo strano fenomeno paranormale di dubbio gusto, X Factor Italia.

Prenderemo come esempio la stagione appena conclusa.
Per i pochi che non hanno idea come funzioni, il talent segue un percorso di selezione di nuovi talenti in tutta Italia, che credo duri un paio di mesi. Migliaia di giovani di belle speranze in estate si accorgono di avere delle corde vocali funzionanti e si ammassano in gruppi numerosissimi quando la troupe di X Factor arriva nella città più vicina. Questo credo sia il momento più bello di tutto lo show in cui ci si accorge di quante persone nel mondo vogliano fare altro invece che lavorare. “Ciao mi chiamo Fantasy, vengo da Pozzuoli, faccio la cassiera della Conad e credo di avere l’X Factor” (l’X Factor credo voglia dire “voglia di fare soldi a palante”), poi si avvicina al microfono e succede questo.
A questo punto in genere uno dei giudici dice qualcosa come “Cara mia Fanatys…” – “Fantasy!” – “Sì scusa, Fastynis… credo che tu possa fare meglio, noi stiamo cercando una pop star e, qualcuno mi corregga se dico una castroneria, ma probabilmente il prossimo anno avrai più fortuna”. Ogni cento casting così, arriva un soggetto x  (che ricordo appartiene a una delle quattro categorie, donne, uomini, over 25 e gruppi) che canta da più di cinque giorni e non sembra Fedez sbronzo senza auto-tune quando apre bocca. E così si va avanti nel talent, avvengono selezioni su selezioni finchè non si arriva ad avere un nucleo di tot aspiranti cantaut… ehm, pop star, e si può dare il via al programma.

In Italia, come all over the world, abbiamo quattro giudici a cui viene assegnata una delle quattro categorie sopra citate. Nello specifico i quattro giudici quest’anno erano:

Elio di Elio e Le Storie Tese che per quanto sia un musicista con i controco* non ho la più pallida idea di come possa formare una pop star e infatti molte sue uscite risultavano assolutamente alla cazzo.
Simona Ventura che se mi desse un consiglio di qualsiasi tipo mi guarderei bene dal seguirlo, figuriamoci un consiglio musicale, è il giudice più random della competizione, non credo abbia idea di quante siano le note musicali.
Morgan che è una nota testa di cazzo ma, mi duole ammetterlo, musicalmente non sbaglia un colpo (NELL’AMBITO X FACTOR), infatti credo che faccia il giudice solo per avere i soldi per comprarsi le redbull.
Mika, new entry 2013 che parla italiano meglio di Simona Ventura ma che ha una concezione di pop star tutta fiorellini e cazzi che alla lunga diventa proprio fastidiosa.

Detto questo, senza dilungarmi su tutti i protagonisti di quest’edizione, passerei a scorrere i finalisti, ovvero quelli che i giudici e il pubblico italiano ritenevano più adatti a diventare una pop star. In finale quest’anno erano quattro, come sempre, ma con la particolarità che ognuno apparteneva alla categoria di un giudice, quindi avevamo una over 25, un under 25 uomo, una under 25 donna e una band.

Quest’anno in particolar modo era il più rappresentativo in assoluto per avere un’idea di base di quanto l’Italia viva di musica di merda. La over 25 in finale era una donna, ABA, la categoria apparteneva al nostro Elio, grezzona nel cuore ma vocalmente la più dotata, infatti esce subito. La ricorderemo, oltre che per le sue indubbie doti vocali, come falsa magra e falsa simpatica, ovvero quello che ogni donna italiana sopra i 25 anni vorrebbe essere. Il suo inedito era, dal punto di vista di arrangiamenti e composizione, molto valido, infatti, ancora, è stato schifato da tutti.
L’under 25 uomo, nonchè vincitore, era Michele (appartenente alla categoria di Morgan, giudice che ha il monopolio sulle vittorie di X Factor Italia da quando esiste il programma e lui vi partecipa), tutti esaltavano la sua voce come una novità anche se senza pensarci mi vengono in mente un po’ di voci identiche alla sua (uno, due e tre), in realtà vince perché ha una faccia caruccia, il singolo gliel’ha scritto Tiziano Ferro (e non un idiota, come negli altri tre casi) e, ripeto, era il finalista di Morgan.
L’under 25 donna era Violetta, concorrente di Mika, che era un po’ come quella secchiona che abbiamo avuto tutti in classe, quella che con i professori era l’angioletto casto e puro e intanto t’accoltellava con gli uni posca, dando la colpa al compagno di banco, in genere quello poco sveglio. Infatti ha perso perché secondo me da metà competizione in poi è iniziata a stare sul cazzo a tutti, Mika compreso. Il suo singolo era fastidioso, Elio continuava a dire che sarebbe stata la nuova capostipite di un genere italiano NUOVO, ovvero il country italiano. Ringraziando dio ce la dimenticheremo presto tutti.
La band invece era una cosa che se non avete visto X Factor non avete idea di cosa vi siate persi. Gli Ape Escape. Tre orsi in in infradito per i quali Simona Ventura nutriva un’attrazione sessuale notevole, un misto tra Skrillex, i Linea 77 e Albano. Il loro singolo suonava così. Sono arrivati secondi, rendiamocene conto.

Come avete potuto vedere il pubblico di X Factor ha portato avanti i concorrenti in cui si rispecchiava maggiormente, due giovincelli paraculati senza un vero talento ma con un faccino simpatico, una casalinga diseperata che tenta di tutto per emanciparsi e tre omoni partenopei che non sanno cosa fare della loro vita.
Quello che mi ha colpito di più, in realtà, è che la maggior parte di loro non avesse nessuna abilità nello scrivere musica e non parlo di arrangiamenti, ma proprio delle parole. Quattro persone che ambivano a diventare un’icona pop, a parte essere intonati (e poi in realtà neanche quello, dal momento che alcune stonature riusciva a sentirle addirittura la Ventura), non avevano nessun tipo di talento musicale.

Davvero ci sono delle persone, parlo soprattutto di ragazzi, il cui sogno è quello di fare soldi senza nessun talento? Per carità di dio, non ho idea di come sia ma immagino non faccia schifo vivere con migliaia di fan che si accalcano ovunque per venire a vederti mentre tu ti imbottisci di dollari. Però abbiamo davvero bisogno di impiegare energie nel campo musicale per cercare persone senza talento? Manichini da forgiare, far esplodere per qualche mese, un paio d’anni e poi chi s’è visto s’è visto? Cioè perché io in Italia devo scegliere tra Emis Killa, Colapesce e Michele?
Mi piace il talent, è un bel passatempo, peccato che anche gente come Morgan ed Elio sia costretta a mentire in questo modo e diventare marchingegno portante della decadenza musicale Italiana.
Quest’articolo non vuol infangare la macchina di X Factor, anzi, quel che mi chiedo io è: possibile che non possiamo chiedere di meglio?