Il 3 marzo è uscito Nebbia, terzo album in italiano dei Gazebo Penguins e classico “disco della maturità”. Abbiamo incontrato Capra e Sollo (rispettivamente voce / chitarra e basso / voce / synth dei Pinguini) all’Astro Club di Fontanafredda (PN) per parlare un po’ del disco, di cambiamento, delle loro altre esperienze musicali e delle pizze di Capra (alla fine era ora di cena).

P.S.: Sono stato molto bravo, in tutta l’intervista non troverete mai la parola “emo”.

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Ciao ragazzi. Prima di tutto vorrei sapere come sta procedendo il tour e come è stato accolto il disco da pubblico e critica.

Capra: Dal pubblico non ne ho idea. Per quanto riguarda la critica le recensioni sono state tutte positive o molto positiva. Ce n’era una non positiva ma non ho capito il discorso, e a me piace molto quando una recensione negativa ha un bel discorso che ti fa scoprire cose che non sai. Per quanto riguarda il tour sta andando molto bene, non è iniziato da molto ma sono state delle belle date.

Nebbia mi sembra il classico disco di crescita: ci sono nuovi elementi rispetto al passato, momenti post-rock, atmosfere più dilatate. Che cambiamenti ci sono stati nell’approccio allo scrivere i brani, oltre all’arrivo di Daniele (il nuovo chitarrista, ndi)?

Sollo: Uno l’hai già detto tu: dilatati. Quando parlavo con Capra gli dicevo “Voglio fare un disco più lento“, lui ha sempre avuto questi bei giri di chitarra messi giù a delle velocità inverosimili quindi abbiamo cercato di dargli più respiro. Daniele poi ha un modo di suonare la chitarra molto atmosferico e abbiamo cercato di fare un uso più dosato dei chitarroni. Anche le parti veloci tipo Atlantide le abbiamo affrontate con questa idea di renderle più dilatate: parlando delle parti di batteria con Pietro gli dicevo di farle veloci ma “appoggiate”, come si fa adesso nell’hip hop che tutti suonano alla J Dilla. In generale abbiamo provato a dare questo andazzo anche ai pezzi più veloci…

Capra: Appoggiato. A me piace molto questa definizione, nel senso che è qualcosa che non è semplicemente un rallentamento, ma un avere i piedi saldi. Non abbiamo fatto un disco per rischiare, eravamo proprio convinti di farlo così, avevamo i piedi ben saldi, le idee molto chiare ed è venuto come volevamo.

Sollo: Io, essendomi messo a fare anche delle cose più elettroniche, avevo già iniziato a suonare così, con il basso e il Korg. Daniele suona tutto benissimo e ci eravamo già messi a fare qualcosa di elettronico insieme con i synth, tutta roba che poi ci siamo portati dietro anche in questo disco.

Capra: Abbiamo cercato una nuova spazialità, gli abbiamo dato più respiro.

Sollo: Anche a livello di suono, mi ci sono approcciato quasi come se stessi facendo un disco dei Giardini Di Mirò.

Eh infatti, proprio per quello parlavo di post-rock.

Capra: Non era nella nostra testa il post-rock, ma a posteriori…

Sollo: Non abbiamo neanche suonato live stavolta, tutto separato. Le batterie le ho composte per la maggior parte io e poi le ho passate a Pietro, e il lavoro in generale è stato più lento, proprio come il disco. Poi ci piaceva l’idea di realizzare quasi tutti i pezzi con tempi dispari senza che l’ascoltatore se ne accorgesse come Nebbia e Pioggia, che hanno il tempo dispari e la cassa dritta sotto.

Sono passati quattro anni da RAUDO e tre da Santa Massenza. Considerando anche gli altri progetti che vi hanno coinvolti singolarmente nel frattempo, quanto tempo avete impiegato per scrivere e registrare Nebbia?

Capra: Io ho iniziato a pensare al disco quando mi hanno svaligiato il furgone (luglio 2015, ndi), quindi ero in tour con Sopra La Panca. Sicuramente la composizione è durata tantissimo, invece la registrazione davvero poco…

Sollo: Un paio di settimane. Io stavo chiudendo lo studio (l’Igloo Audio Factory, ndi) quindi abbiamo fatto veloci, anche perché avevo già un’idea chiara di come volevo venisse il disco.

Il tema portante che ho ritrovato nei testi è quello dei rapporti. Come vi siete approcciati alla scrittura? Sono esperienze personali o discorsi più generali?

Capra: Come sempre c’è della narrativa, e come ogni narrativa poggia su esperienze reali.

Sollo: Ad esempio Bismantova è nata da una cosa reale: volevamo dedicare un pezzo ad un nostro amico che si è buttato dalla Pietra di Bismantova…

Capra: Tu poi vai a raccontare queste storie che hai vissuto o anche solo immaginato. La cosa più straziante è quando quello che hai scritto lo vivi dopo che il disco è stato già suonato, e ti accorgi che in fondo c’era qualcosa di vero in quelle parole.

Sollo: Questa cosa è tristissima ma te la racconto: avevo questa polaroid sul frigo completamente nera, che avevo fatto con la mia ex morosa ma non era venuta e avevamo deciso di tenere perché comunque c’eravamo noi due dietro. Quando ascolto Bismantova (che inizia con “Anche se sembra tutto nero è una fotografia“, ndi) io la reinterpreto in modo molto personale, anche se è stata scritta completamente con un altro intento.

Capra: Ci piace molto questo intreccio continuo di interpretazioni che esistono, che ci vengono date dagli altri e che ci daremo nel futuro a cui abbiamo voluto dare anche una quarta vita più iconica, affidando ogni brano ad un fotografo che ci desse la sua interpretazione leggendo i testi del disco. È qualcosa che si nota anche dal vivo questa stratificazione, a livello musicale, con i brani più complessi da riproporre e che quindi diventano una sfida, anche se i soundcheck durano il triplo! Poi da stasera proveremo a fare una cosa diversa anche a livello di scaletta: siccome Nebbia crea un’atmosfera diversa rispetto ai pezzi vecchi lo suoneremo tutto di fila nella prima parte, poi una pausa e si riparte con il vecchio repertorio.

Da una parte il disco solista di Capra, Sopra La Panca, dall’altra l’esperienza di Sollo come fonico per Calcutta e Red Bull. Come e quanto hanno influito queste vostre esperienze personali nella realizzazione di Nebbia?

Capra: Sopra La Panca era soprattutto un esperimento, un provare a realizzare un disco in un periodo di tempo limitato, e mi ha insegnato che non avrei più voluto fare una cosa così. Mi ha divertito tantissimo farlo, ma quello successivo volevo farlo prendendomi tutto il tempo del mondo.

Sollo: Nebbia è stato chiuso ben prima dell’esperienza con la Red Bull, mentre con Edoardo ho un rapporto di amicizia quindi gli facevo sentire anche le bozze dei pezzi. Diciamo che è stata una presenza costante nella realizzazione dell’intero album, e mi ha addirittura bocciato alcuni pezzi dicendomi “Me pare il filone Interpol, me fa caca’“. Ci aveva anche scritto un pezzo, un super mega pezzo pop dei suoi ed era bellissimo. Purtroppo era allegro e con questo disco non c’entrava un cazzo, quindi se l’è ripreso e lo riutilizzerà di sicuro.

Avete perso una mega hit quindi!

Sollo: Quando è uscito il disco però mi ha scritto una cosa molto bella: “Bellissimo nebbia, bei suoni, mi ricorda del lambusco mantovano” e non ho capito perché mantovano. Ha comunque ammesso che il pezzo non c’entrava un cazzo.

Capra: Che poi l’avremmo reinterpretato, suonato, registrato e magari poi l’avrebbe rivoluto indietro quindi vaffanculo! (ride, ndi)

L’ultimo vostro pezzo prima di Nebbia, Aspetteremo, si chiudeva con la frase: “Aspetteremo ancora qui / che arrivi la canzone giusta / e una storia in testa“. È arrivata questa canzone?

Sollo: Sono indeciso tra Nebbia, Pioggia e Bismantova, che è stato il pezzo che ha dato l’imprinting all’intero disco, però la più bella credo sia proprio Pioggia.

Capra: Più che la canzone giusta per me è proprio il disco giusto. È quello che volevo fare, quello che mi fa venire voglia di risuonarlo e riascoltarlo ancora. Ti abbiamo detto che ha una storia molto lunga: dopo due anni di questi pezzi non sento ancora il livore o la stanchezza che hanno certe nostre canzoni che non ascolterei più, e questa cosa mi fa ben sperare, probabilmente abbiamo lavorato nella direzione giusta.

Mi rivolgo un attimo a Sollo: anche con Deer Waves abbiamo ospitato l’iniziativa Red Bull Next Sounds con la performance di Giorgio Poi. Siccome sei diventato il fonico dello studio Red Bull e hai partecipato in prima persona a quelle session, cos’è che ti è rimasto di più e cosa ti ha colpito dei vari artisti?

Sollo: Sicuramente la grande umiltà di tutti. Poi tutti giovani, tranne Giorgio…

Capra: Perché, è vecchio?

Sollo: Sicuramente più giovane di te! Ho incontrato della gente capace e molto competente, dai Gomma – carinissimi e davvero giovani – fino a Laioung. Giorgio dal vivo è il disco, e tecnicamente lui e la sua band sono dei mostri. Da questa esperienza ti posso dire che se questi sono i Next Sounds allora siamo sulla buona strada. La Red Bull poi ha sempre cercato di parlare di musica proponendo nomi di qualità e non fermandosi a quello che va di più, quindi molto bene.

Domanda solo per Capra: se Nebbia fosse una pizza, quale sarebbe?

Capra: Sicuramente bianca con sopra delle cose autunnali, quindi una pizza funghi, gorgonzola e aglio.

Sollo: Io però non posso mangiare i funghi…

Capra: Se togliessimo i funghi e cercassimo una variante non vegetariana allora metterei della salsiccia di mora romagnola. Che poi è un animale che sta sempre all’aperto, quindi la nebbia se la mangia proprio!

Ormai siete in quattro, le date sono appena all’inizio ma voi siete famosi per intraprendere dei tour infiniti. Qual è il disco che mette d’accordo tutti in furgone?

Capra: In furgone ascoltiamo pochissima musica!

Sollo: È vero, ma quello che mette d’accordo tutti di solito sono Run The Jewels, BadBadNotGood con Ghostface Killah, i Pantera, ora ci ascolteremo il nuovo di Kendrick Lamar

Capra: Di solito ci affidiamo a Sollo che ci fa anche scoprire robe che non conosciamo. Il momento in cui ascoltiamo sempre musica comunque è dopo il concerto, sulla strada per l’albergo.

Sollo: Anche un sacco di hip hop italiano: Pluristellato di Bassi Maestro, ci piace molto anche Rkomi che ho mi porto dietro dal tour con Calcutta… In generale molto hip hop, un po’ di jazz, un po’ di elettronica e poche chitarre, anche perché quando siamo in giro insieme è bello scoprire qualcosa di nuovo.

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La foto è di Pak.
Grazie a Luca e all’Astro Club.