I Real Estate, alla terza prova discografica con questo Atlas, non vedono proprio il motivo per mutare un po’ nel sound, non prendono in considerazione l’eventualità di riaggiornarsi o rinfrescarsi un po’. Tanto, più freschi di così si muore, dicono loro.

Quando suonano vedi il sole, il mare, le spiagge e gente che si rincorre e poi si tuffa in acqua. Loro sono lì dietro con le chitarrine e fanno tutti quei giri armonici che paiono una leggera brezza sul viso. Qualcuno sullo sfondo fa surf, altri fan le foto alle palme e le caricano su instagram.
Atlas è un portatore sano di vezzeggiativi: è un dischettino con le chitarrine che suonano riffettini delicati su tappetini armonici, e sopra i classici coretti che fan presa e si canticchiano (o fischiattano, in base alle abilità vocali dell’ascoltatore) facilmente. C’è dunque l’ennesimo tributo ai Beach Boys e a quelle atmosfere 60s che si amalgamano nel rodato connubio folk e psych.
Il fattore fondamentale è che i Real Estate non stufano. Ascoltando Atlas vien da sorridere, non da sbuffare per la solita solfa trita e ritrita.
Sarà forse che, appartenendo io a quella fetta di popolazione a cui il destino ha riservato una vita nell’entroterra, la musica dei Real Estate mi aiuta nella fuga dal grigiume; ma, pensandoci bene, anche se fossi uno dei fortunati amici che quando si affacciano alla finestra vedono il mare, mi rendo conto che sarebbe impossibile approcciarsi ad Atlas senza immaginarselo come colonna sonora di pomeriggi spensierati da trascorrere in spiaggia.

Ne deduciamo che i Real Estate funzionano e non importa che tu faccia surf o instagrammi le palme, che tu viva a Milano o a Miami: se una rondine non fa primavera, Atlas farà sicuramente estate.

Tracce consigliate: Crime, Had To Hear