E’ un disco ballabile, cantabile, canticchiabile, agitabile, hawaiano, gipsy funk jizz jazz pop proto punk garage band.
Mac Demarco, che più che un nome è una cosa divertente da dire, scrive canzoni che più che canzoni sono canticchiamenti allegri sotto la doccia o in giro per casa con la band al seguito, un allegro passar di tempo da portare avanti con balli atipici e senza senso, un memento mori dei giorni nostri.
Quello che canta è un tizio allegro col cappellino storto e la chitarra elettrica.
Il disco è simpatico perché sembra non curato e suonato alla cazzo, dico sembra.
Le canzoni mi dicono che sono cose oneste della sua vita, io ci credo non dico no; Demarco è un sentimentale lo si capisce, credo sia un figlio di papà sì, ma non posso negare che è un sentimentale, gli piace emozionarsi dicendo quanto è perso d’amore su una gamba sola poi, certo, sta a voi capire se vi interessa o meno.
A tratti, se posso permettermi, diventa anche un po’ troppo melenso, come la scena che chiude l’album che in realtà non so se raccontarvi perché a me secca sempre quando mi raccontano la fine dei film tanto che poi non li vado più a vedere.
Vi dirò che l’album si chiude all’apogeo del sentimento con tanto di sussurri da innamorati e di maschio che riceve conferme d’amore dalla donna amata. Oh. Notevolmente patetico sicuramente onesto.
I suoni sono crudi, le chitarre elettriche fanno da linea guida, ogni tanto imbevute di wah-wah o chorus o un po’ di riverbero sempre su un canale pulito magari suonate su un fender transistor da 100 watt.
Mette allegria, induce simpatia per cose stupide, ti fa stare leggero in macchina, ti brenfod, rob chrui, njwjdòNDCJ DJJJjdndjeednmmm keejdncsddsklnd.