La regina degli scacchi (The Queen’s Gambit) è la miniserie targata Netflix più vista di sempre nel primo mese di uscita sulla piattaforma. Con protagonista Anya Taylor-Joy, la serie ha fatto registrare 62 milioni di visualizzazioni nei primi 28 giorni, è ancora nella Top 10 di Netflix in ben 92 paesi, ed è ancora la prima nelle classifiche di 63 nazioni tra cui Regno Unito, Argentina, Israele e Sud Africa.

L’interesse per la serie è stato evidente sin dai primi giorni dalla sua uscita: i social sono stati invasi dai meme, le query di ricerca di Google dedicate agli scacchi sono raddoppiate, le ricerca su “come giocare a scacchi” hanno raggiunto il picco da 9 anni a questa parte. Infine, il romanzo da cui è tratta la serie è entrato nella lista dei bestseller del New York Times, 37 anni dopo la sua uscita.

Creata da Scott Frank e Allan Scott, la miniserie racconta la vita di una bambina orfana che scopre una grande passione per gli scacchi durante i suoi anni in orfanotrofio. Ambientata durante gli anni della Guerra Fredda, segue le vicende di Beth Harmon dall’età di 8 anni fino ai 22, mentre cerca di diventare la giocatrice di scacchi più grande al mondo.

La Regina degli scacchi, come anticipato, è basata sull’omonimo romanzo del 1983 di Walter Tevis edito in Italia da Minimum Faxe, il cui il titolo rimanda ad una famosa apertura scacchistica chiamata “gambetto di donna”. In principio doveva essere un film e Anya Taylor-Joy non sarebbe stata la protagonista. Lo sceneggiatore Allan Shiach (l’Allan Scott ideatore della serie) ha dichiarato all’Indipendent di aver letto il libro da cui è tratta la serie nel 1990 e, dopo aver acquisito i diritti, di aver iniziato a lavorare alla realizzazione di una sceneggiatura con diversi registri, senza però riuscire a tirare fuori nulla di interessante. Fino a quando non venne a sapere che Heath Ledger si era appassionato alla storia.

Shiach, grazie al lavoro con l’attore australiano, riuscì a mettere in piedi la sua sceneggiatura e affidò al Joker di Nolan sia la direzione della pellicola che una parte al fianco dell’attrice Ellen Page. Con il film Ledger avrebbe fatto il suo debutto alla regia a fine 2008, purtroppo il progetto non vide mai la luce a causa della prematura scomparsa dell’attore. Venuta tragicamente meno l’idea di realizzare un film, Scott Frank e Allan “Scott” Shiach hanno optato per la produzione di una miniserie televisiva.

Beth Harmon nella realtà non è mai esistita, tuttavia la storia è stata ispirata dalla biografia dell’autore del libro e da un famoso giocatore di scacchi. Tevis ha dichiarato al New York Times di aver iniziato a giocare a scacchi da bambino, all’età di sette anni, insieme alla sorella:

Una volta ho vinto un premio di $ 250 e sono diventato un giocatore di classe C. Sono nato a San Francisco. Quando ero giovane, mi è stato diagnosticato un cuore reumatico e mi sono state somministrate dosi pesanti di farmaci in un ospedale. Ecco da dove viene la dipendenza dalla droga di Beth nel romanzo. Scrivere di lei è stato catartico. Ho sofferto, ho sognato molto mentre scrivevo quella parte della storia.

Nonostante la protagonista della sia immaginaria, molti in lei hanno rivisto un leggendario giocatore di scacchi realmente esistito. Nella serie Beth viene paragona a Paul Morphy, un americano che andò a giocare all’Opera di Parigi nel 1858 e che è ritenuto il più grande giocatore del XIX secolo; tuttavia le enologie con Bobby Fischer si sprecano.

Basti solo pensare che la miniserie racconta la vita di Beth Hamon tra il 1958 e il 1968, periodo che combacia con l’apice della carriera di Fischer. Quest’ultimo è stato otto volte campione americano vincendo il suo primo titolo nazionale nel 1958, a soli 14 anni. Ai campionato del mondo del 1972 a Reykjavik, si tenne quello che è stato definito l’incontro del secolo tra il detentore franco-russo Boris Vasil’evič Spasskij e lo sfidante Bobby Fischer, che a soli 29 anni vinse l’incontro. La sfida è considerata la più famosa della storia delle competizioni ufficiali di scacchi. Negli Stati Uniti ebbe vasta risonanza mediatica sia all’interno della comunità scacchistica (il c.d. Fischer Boom), sia livello mediatico, anche perché l’incontro avvenne in piena guerra fredda.