Il 3 giugno del 2011 usciva Il sorprendente album d’esordio de I Cani e da quel momento la musica italiana non sarebbe stata più la stessa.

Undici brani nati su Soundcloud che hanno sdoganato la cosiddetta musica da cameretta in Italia, tra synth pop e indie fai-da-te, in un periodo storico ed in un contesto artistico che ancora non avevano dimestichezza con gli hipster, con il citazionismo sfrenato, né con lo storytelling sui giovani romani.

David Foster Wallace, le inquadrature simmetriche di Wes Anderson, i pariolini, American Apparel ed una lunghissima sequenza di riferimenti reali, facili da recepire e con cui empatizzare immediatamente o perché c’eri o perché avresti voluto esserci. E tutti, all’epoca, avrebbero voluto far parte della scena romana del Circolo degli Artisti.

Ma oltre a Roma, c’era anche la Milano delle mode e degli editori; c’erano i blog ed il gap generazionale tra chi aveva la sensazione che qualcosa stava per succedere e chi, invece, quel qualcosa se lo sarebbe perso.

Come un attento osservatore che c’è, ma che sta in disparte, Niccolò Contessa ha racchiuso la società del tempo in album divenuto immediatamente cult, perché è riuscito ad avere accesso alla coscienza dei ventenni ed alle traiettorie della loro vita con un linguaggio nuovo e non più anestetizzato. Un linguaggio ispirato da quella realtà, finalmente ironico e finalmente animato da qualcosa di diverso dai cliché e dalla semplice narrazione.

Quel 3 giugno 2011 forse non ne erano pienamente consapevoli, ma I Cani hanno inventato l’it-pop. Ma si sono spinti ben oltre facendo la cosa più difficile di tutte: hanno mantenuto la promessa delle premesse. Quello è stato veramente un sorprendente album d’esordio che come l’età che ha raccontato, rimane lì – anche a distanza di un decennio – in un angolo molto speciale della bacheca delle cose importanti.

 

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