È da tanto che non si discuteva animatamente per un videoclip, ma è pur sempre Michel Gondry, e quindi “mi sento autorizzato a farlo”, “ha segnato la mia generazione”, “aspetta ma io ne so a valanga”.

Fanno molto 90’s le piogge di giudizi che stanno cadendo su Go, singolo estratto dal nuovo imminente disco dei Chemical Brothers, ma le argomentazioni non sono da meno. Chi si indigna per la mancata artisticità e piglio rivoluzionario, chi annuncia la morte artistica del regista, gente che nel complesso rimpiange i tempi in cui si addormentava davanti alle rotazioni notturne di MTV, e con il giusto tempismo aspettava un video di Gondry per registrarlo su cassetta.

Questo video vi farà pur cagare, cari malinconici, ma dice molto di più di quanto vi possiate immaginare. Intanto se non l’avete ancora fatto dategli un’occhiata.

Argomentazioni dicevamo. La più simpatica è quella sul mancato “connubio artista/regista”, il che fa pensare ad una visione del processo di produzione odierna come un qualcosa di iconico e rinascimentale, come se i rapporti lavorativi si fossero cristallizzati a quegli anni di pura euforia artistica, nel caso della videografia di Gondry varia e indisciplinata. Intanto il correttore ortografico vuole correggermi il termine videografia in ideografia, evidentemente crederà che nel 2015 il videoclip abbia assunto un valore simbolico, che fa notizia solo se si tratta di un regista noto, di una trovata pubblicitaria, di una trovata e basta o di un culo di gomma. Ma questo è un altro discorso.

Il brief che Tom ed Ed, conosciuti meglio come The Chemical Brothers, avranno presentato al signor Gondry sarà stato certamente povero di contenuti, come il pezzo tra l’altro, di cui è inutile discutere le evidenti lacune cerebrali. Del video invece c’è tutto da elogiare, perché oltre a salvare la dignità artistica della combo raffigura un soggetto cruciale nella videografia dei fratelli chimici.

Fino all’album Further, la città ha sempre avuto un ruolo fondamentale sia nell’evoluzione della trama che nel messaggio sociale e culturale della pellicola. La mostruosa area industriale di Longbridge di Believe oggi non esiste più. Gli scontri (ripresi nel video) tra studenti e polizia nella città messicana di Tepito di Out of Control (vedi sotto) sono di grande attualità. Poi c’è la Londra notturna e magica di Midnight Madness, i paesaggi urbani e industriali francesi di Star Guitar, la Malaga delle dance fight di Galvanize e la vita quotidiana adolescenziale della città marocchina di Do It Again

Fino ad arrivare all’ambientazione di Go, Front de Sein, area parigina nota per la sue architetture brutaliste e piani urbanistici di massa.

Ed è qui che Gondry si supera, inquadrando l’estetica in bianco e nero dei pattern di questi sobborghi con una luce accecante, quasi divina, con le linee e i contrasti che danno giustizia alla fotografia e rendono la location irreale. Perché parlare di questi aspetti? Perché dietro Go c’è uno slogan molto chiaro: questi relitti svuotati degli anni ’70 sono il futuro patrimonio architettonico europeo (soprattutto inglese), e la questione della demolizione è un argomento all’ordine del giorno. Concentrarsi sulle vallette, sul balletto fuori tempo e sul loro discutibile fascino tamarrochic sarebbe troppo limitante.

E so che sarebbe più affascinante se lo stesso video, con le stesse attrici, fosse ambientato in una location nostrana tipo i sassi di Matera, i Fori Imperiali, Quarto Oggiaro, Corviale, Scampia. Questione di punti di vista, che spaventano, come la prontezza da tastiera con cui si rinnegano le qualità di uno dei pochi registi che crede ancora nel valore artistico del videoclip. Se ne avrà ancora voglia, io continuerò a ringraziarlo, sperando che continui a dare il suo contributo ad un mondo con tanti culi di gomma.