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Proprio così. Stando agli studi di qualche pazzoide, un paese pieno di capelloni, teschi, borchie e giubotti di finta pelle è un paese felice e produttivo.

L’analisi firmata Citylab (The Atlantic), in collaborazione con il Martin Prosperity Institute (già, la cosa si fa più seria del previsto), mostra come vi sia un’associazione positiva tra il numero di band heavy metal presenti in un determinato paese e “l’output economico per capitale; livello di creatività e imprenditorialità; tasso di adulti laureati; livello di sviluppo umano, benessere e soddisfazione della vita”. Un vero e proprio toccasana per la politica pubblica, insomma.

I ricercatori hanno usato un’affidabile mappa a supporto del loro report, che mostra il numero di band heavy metal per 100.000 abitanti. Resterete forse sbalorditi dal fatto che le nazioni con una maggiore concentrazione di band, quindi quelle ipoteticamente più benestanti, siano anche quelle che presentano tassi di suicidio tra i più alti in Europa. Ma hey, mica si può sempre avere tutto!

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Charlotta Mellander, ricercatrice del Martin Prosperity Institute, ritiene che questa forte presenza di band in territorio scandinavo sia dovuta agli “sforzi dei governi per implementare lo studio obbligatorio della musica nelle scuole, cosa che ha creato una generazione con il taglio musicale adatto per soddisfare le esigenze tecniche del metal”.

O più semplicemente, come dice lo scrittore Mark Ames evitando qualsiasi romanticismo,  questa crescita del metal è la normale reazione ad una “società completamente priva di humour e profondamente oppressiva”.

Forse vale la pena fare un paio di considerazioni: e se invece gli scandinavi fossero i più fighi di tutti? E se provassimo a sostituire Gigi D’Alessio con Ozzy Osbourne? L’Italia sarebbe un posto migliore? Avremmo più posti di lavoro? Meno criminalità?

Sarebbe sicuramente un paese più felice.