Il 2017 è un anno che sta ormai volgendo al termine. Manca ancora un trimestre, è vero, un trimestre di grande musica tra l’altro, ma ciò che abbiamo visto in questi nove mesi ci rende possibile fin da ora poter cominciare a tirare le somme sui personaggi che hanno cavalcato l’anno corrente.

Insomma, quelli che più di tutti hanno lasciato il segno, quelli che hanno scandito coi loro dischi la quotidianità delle persone, che hanno raggiunto grandi traguardi, ma che oltre al quanto dei loro risultati, hanno posto l’accento ed hanno puntato sul come raggiungerli: un fatto per nulla scontato.

Si può già fin da ora, quindi, provare a proporre quelli che sono stati i personaggi principali e fondamentali di questo 2017 qui.

E dato che questo resoconto sta prendendo forma ora, nei primi di ottobre, il nome che si può proporre con maggior certezza, hic et nunc, tra i fenomeni italiani dell’anno è uno: Coez.

Per quale motivo tutta questa importanza al qui ed ora? Perché è proprio in queste settimane, in questi giorni, in queste ore, che si sta consumando un fatto poco ordinario che riguarda il nostro Silvano, un fatto che raramente si vede, ovvero raggiungere l’apice del successo dopo oltre dieci anni di carriera, dopo cambi drastici dei generi proposti, dopo la rottura con un’importante etichetta discografica, ed è anche poco ordinario il fatto che così in alto ci sia arrivato a sette mesi dalla pubblicazione dell’ultimo disco.

Perché sì, nonostante il successo poteva sembrare ormai una chimera viste tutte queste deviazioni, alla fine, invece, i progetti che l’artista di Nocera Inferiore ha proposto nel corso del 2017 lo hanno non solo mantenuto a livelli alti, ma lo hanno traghettato verso un trionfo che mai prima d’ora aveva raggiunto.

Ecco che allora, dato che entrambi i versanti presentano connotati meritevoli di essere analizzati, ci troviamo qua, a cercare di illuminare attraverso i suoi risultati e soprattutto attraverso i mezzi con cui li ha raggiunti, il momento d’oro – ma anche di platino, come vedremo – di Coez.

Va subito detto che Faccio un casino, suo ultimo album, era nato con la forma del salto nel buio: Coez infatti, dopo due dischi usciti con Carosello, quei Non erano fiori (2013) e Niente che non va (2015) che hanno sancito la sua svolta pop, ha rotto con l’etichetta.

Insomma, da una parte si torna a quella vergine autonomia che oggi sembra essere un punto di forza assoluto, ma d’altra parte vengono meno tutte le certezze delle componenti “industriali” di un disco, tutti i dettagli inerenti alle produzioni, alla distribuzione, alla promozione, ai rapporti con la stampa e con i grandi canali di comunicazione che solo una casa discografica può garantire.

Ecco che allora, quando nel 2016 sono cominciati i disegni di Faccio un casino, il cantautore si è trovato sì libero da ogni vincolo d’etichetta, senza l’ingombrante presenza di Riccardo Sinigallia in cabina di produzione, ma privo anche di ogni indicazione davanti ad una nuova strada buia da percorrere. Il compito principale quindi diventava trovare le giuste fonti di luce per intraprendere il percorso.

E Coez su cosa ha puntato? Semplice, sull’essere onestamente se stesso, e dunque su tutto ciò che di meglio ha fatto nel corso della sua carriera, che nientedimeno sono le due componenti fondamentali della sua formazione artistica. In sostanza si possono riassumere prendendo una parte per il tutto, ovvero i nomi di due produttori che compaiono nei crediti del disco.

Da una parte c’è Sine, nome collegato al Truceklan, dunque alla componente underground nella quale Coez era immerso nei primi anni del Duemila ad inizio carriera; dall’altra c’è Niccolò Contessa, che rappresenta invece tutto l’altro versante, quello indie rock e indie pop, che costituisce l’altra metà – la più recente – del percorso artistico di Coez.

La copertina di Faccio un casino

Ma il segreto insito nel successo di Faccio un casino è nel mezzo di questo dualismo, che non è così netto come sembra, ma è ben più fluido, proprio perché Coez infatti ha saputo disseminare varianti che hanno rotto qualsiasi tipo di geometria interna e che hanno così amalgamato tutta la sua esperienza precedente. Per citarne qualcuno: la presenza nel disco di Gemitaiz e Gemello, la strofa mozzafiato di Lucci, i video dei singoli che rispecchiano una estetica precisa, molto “indie”, un pezzo intimo e di cuore come E yo mamma, che non ci saremmo mai aspettati da lui.

Tutti detonatori, detonatori che annullano ogni tipo di illazione del tipo “è troppo commerciale”, “è troppo underground”, “è troppo montato”, “è troppo sputtanato”.

Coez è riuscito ad evitare ogni malinteso; è riuscito a non escludere niente, e di conseguenza nessuno si sente escluso dal suo messaggio.

A differenza di quanto oggi accade sempre più spesso, ovvero abbandonare gli ascolti di un artista quando questo cambia strada, Coez, benché abbia talvolta anche stravolto i suoi orizzonti, è riuscito incredibilmente a restare con l’ancora piantata nei luoghi da cui si è allontanato.

Dunque eccoci nel cuore della questione: dopo oltre un decennio di carriera, dopo svolte repentine, al terzo album (escluso From The Rooftop) ma il primo da indipendente, Coez continua a comunicare con i fan della prima ora e al contempo riesce a coinvolgere quelli degli ultimi minuti; al tempo stesso Coez comunica con chi è nato negli anni ’80, negli anni ’90 e con chi è nato anche nel nuovo millennio, senza lasciare a nessuno un pretesto valido per rinnegarlo.

Questo perché? perché appunto, nel mezzo del binario rap/underground e indie/pop, c’è tanta altra roba, ma soprattutto c’è la componente fondamentale, ovvero la capacità comunicativa di Coez, la quale, a questo punto, è più forte di qualsiasi canale la veicoli. La sua scrittura, le sue vedute, i suoi campi semantici, la sua potenza espressiva sono elementi – a questo punto possiamo affermarlo – più forti del genere con cui propone i suoi pezzi. Ed è dentro a questo nodo che si racchiude il percorso sempre ascendente di Coez.

A confermare questa visione del suo successo non sono solo impressioni, ma ci sono anche i numeri, molto eloquenti, che come dicevamo in apertura consegnano Coez di diritto nei piani più alti tra i nomi fondamentali del 2017.

Faccio un casino è stato pubblicato il 5 maggio 2017, ed è stato almeno fino ad oggi sempre dentro le prime dieci posizioni della classifica FIMI. Dunque già di per sé una longevità straordinaria, soprattutto se messa in relazione al fatto che appunto il disco è uscito un po’ in sordina, privo di tutte le spinte che un’etichetta può offrire, e nella fattispecie una potente come Carosello.

Ma oltretutto questa longevità è stata direttamente proporzionale ai consensi: più passavano settimane, più il disco veniva ascoltato, condiviso, elogiato. Insomma, altro punto della diversità dello straordinario successo di Coez è stato nel crescendo della sua parabola, una blanda ma costante salita verso la vetta.

Amami o faccio un platìnoooo 💿🚀 #FaccioUnCasino #DiscoDiPlatino

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Vetta sancita dal metallo più prezioso: infatti è col singolo eponimo del disco, Faccio un casino, che Silvano ha raggiunto per la prima volta in carriera il disco di platino. Ma oltre a questo primato assoluto, ci sono altri riconoscimenti satellite straordinari, ovvero una sfilza – per la prima volta anche qui – di dischi d’oro infilati uno dopo l’altro in questi ultimi mesi, coi singoli Le luci della città, E yo mamma e soprattutto con La musica non c’è, che pubblicato come singolo radiofonico il 22 settembre, ha raggiunto la certificazione prima del video, poi il milione di visualizzazioni nel video e il primato nella top 50 Italia di Spotify e nella classifica dei singoli in Apple Music.

Ma oltre a La musica non c’è, che ha avuto questo successo ad oltre sei mesi dall’uscita del disco, a livello di tempi, rappresentano un caso anomalo degno di nota anche Jet Lontana da me, altri dischi d’oro di questi ultimi tempi, ma i brani sono risalenti al 2015 e al 2013 perché sono parte degli album Niente che non va Non erano fiori (Lontana da me riproposta in From the rooftop del 2016). Questo dimostra anche come Coez sia oggetto di una riscoperta e di un ascolto molto più approfonditi rispetto ad una qualsiasi meteora.

Insomma, ricapitolando, Silvano nel 2017 ha collezionato un album perennemente in top 10, un disco di platino, cinque dischi d’oro, sei video di cui cinque hanno superato il milione di views. Il tutto rilanciandosi con un progetto totalmente indipendente e che in partenza era considerabile un azzardo.

Ma usciamo fuori dai numeri, dagli store online e dalle piattaforme digitali; andiamo sotto il palco, tra il sudore e le spinte.

Ecco, a tutto questo casino che Coez sta facendo, si aggiunge un altro evento straordinario: un tour invernale, in tutta Italia, che arriverà anche a Roma, la città d’adozione di Coez.

Bene, e allora? Allora sono previste due date a Roma, il tre e quattro febbraio 2018, entrambe al Palalottomatica, il luogo immediatamente prima dello stadio per clamore; qui Coez ha collezionato due sold out immediati.

Certo, siamo abituati che in Italia sold out fa rima con bagarinaggio, e sicuramente, qualora ce ne fosse bisogno, chi di dovere si occuperà di tutte le vicissitudini del caso, ma per ora non si parla di selvaggio secondary ticketing, e dunque, pare proprio che questi due tutto-esaurito siano reali.

E lo si può ben credere, perché appunto, come scrivevamo poc’anzi, Coez si è sforzato a non deludere nessuno (a parte quella di Delusa da me), e di risposta sembra che nessuno abbia abbandonato Coez. Un duplice effetto che – ripetiamo – diventa sempre più raro nella musica d’oggi.

Pertanto, è lecito immaginarsi a febbraio un palazzetto pieno, così come tutti gli altri luoghi che lo ospiteranno; platee piene di fan che tra loro si passeranno anche 20 anni, ma accomunati dalla passione e l’empatia per le canzoni di quel ragazzo ormai navigato che si muove sul palco, e che a trentacinque anni, dopo anni di durissimo lavoro, si è giocato tutto,

Salto nel vuoto vieni con me

è andata proprio così, come questo estratto de Le luci della città, un salto nel vuoto nel quale a seguirlo non c’è stata solo una seconda persona singolare, ma la pluralità di tutti i suoi fan, vecchi e nuovi, insieme ai quali Coez, in questo 2017 di musica italiana, ha costruito la storia più bella, e che certamente lo porterà ad essere uno dei personaggi simbolo dell’anno.

Chapeau.