Il video dura pochi secondi. Fumo violaceo, luci giallastre, una figura alta che tiene un microfono e canta malissimo la strofa centrale di una canzone pop. Prima dell’attacco del ritornello si piega leggermente indietro e tuona “Tutti insieme!” e, mentre il video finisce, si sente il boato del pubblico. Quella figura sono io, la canzone è Toxic e se non fosse per Britney Spears non sarei qui a raccontarvi tutto questo.

Ancora oggi, quando prendo confidenza con qualcuno, gli mando questo video. “Ma sei veramente tu?” è la domanda che mi fanno più spesso, mentre contengono a fatica le risate. Non sono mai stato un super fan di Britney, ma essendo cresciuto negli anni 2000 mi è impossibile non ammettere la portata colossale che una ragazza del Mississippi è riuscita a raggiungere ben prima di compiere la mia attuale età. Prima dei social media, prima che le pop star diventassero onnipresenti, prima di YouTube, Britney era comunque sulla bocca di tutti. Le mie compagne di classe delle medie imitavano i gesti equivoci dei suoi video, alla radio era più facile sentire un suo pezzo che qualsiasi altra cosa, i giornali per ragazzi avevano spesso in copertina il suo sorriso smagliante, i suoi capelli biondi, i suoi completi che sembravano così provocanti anche agli occhi innocenti di un bambino. Sarebbe facile ascrivere Britney alla costellazione delle donne del pop internazionale, ma staremmo commettendo un errore madornale: senza Britney non c’è nessun concetto di pop star come lo intendiamo oggi, nessuna costellazione di astri più o meno brillanti. Che ci piaccia o meno, Britney Spears si è creata il suo campo da gioco, le sue regole, il suo mondo, e tutti ne abbiamo attinto.

Britney è umana

E qui torniamo al Video di Toxic: perché io, un ragazzo di allora 23 anni – che si nutre di pane e Depeche Mode – dovrebbe voler salire su un palco a cantare Toxic e non una qualsiasi Just Can’t Get Enough o un tormentone del momento? Perché proprio la Spears? Perché alla fin fine, se pensiamo a qualcosa di estroverso, eccentrico, sensuale, forte, divertente, carismatico e vivace pensiamo tutti a una cosa sola: “It’s Britney, bitch“. Ecco, la verità dei fatti è un po’ diversa da questa: per quanto sia bello glorificare una figura così iconica, dobbiamo ricordare che si parla pur sempre di una ragazza, di un essere umano che si è vista piovere il mondo addosso nel giro di mesi. La vera Britney, quella gonfia di psicofarmaci che ci saluta dai suoi post di Instagram, è ben lontana dall’essere la dea del pop di cui parlo poche righe sopra. E questa è una cosa che preoccupa un po’ tutti, perché è triste assistere in diretta al crollo di una persona, di qualcosa di così grande.

Ma Britney non è crollata dal giorno alla notte.

Prima di parlarci della sua situazione attuale, il documentario Framing Britney Spears prodotto dal New York Times cerca di dare una risposta alla fatidica domanda “Cos’è successo a Britney Spears?“. Ci ricordiamo tutti quando si è rasata a zero, quando ha distrutto l’auto di un paparazzo, quando ha presenziato alla cerimonia di annunciazione di un tour solo per cancellarlo in tronco il giorno seguente. Ma tutto questo da dove viene? Cos’è successo a Britney Spears di così tremendo da ridurla così?

#FreeBritney

Per parlarne dobbiamo inquadrare anzitutto cosa voglia dire “così“. Britney non è solo gonfia e un po’ cringe, ma vive dal 2008 in uno stato particolare definito di conservatorship, sia personale sia finanziaria. Cosa vuole dire? In pratica, una giuria ha deciso che Britney non è in grado di decidere per se stessa e ha incaricato qualcuno di gestire la sua vita e il suo cospicuo patrimonio. Quel qualcuno è suo padre, Jaimie Spears, che fino al 2019 è stato in carica delle decisioni della figlia e tutt’ora ne cura le finanze. Negli ultimi anni Britney ha dichiarato di non voler più suo padre come tutore e da allora il caso Spears viene seguito da centinaia di migliaia di fan in tutto il mondo. Fan che, tra le altre cose, hanno lanciato l’hashtag #FreeBritney, protestato per le strade di Los Angeles, aperto podcast e lanciato teorie del complotto basandosi sui post della cantante.

Inutile fare retorica su cosa sia giusto o sbagliato, ma entrando sempre di più sul caso ci si rende conto di quanto sia sottile la linea tra vita privata e pubblica, tra individui e icone, tra idee e persone in carne ed ossa. Possiamo facilmente asserire quanto facciano schifo gli ultimi lavori della Britney artista, ma quello che si sta cercando di dipingere è un quadro sulla turbolenta e complicata vita di una donna di appena quarant’anni. Si pretendono risposte, verità, trasparenze e chiarimenti che, seppur nobili sulla carta, appaiono come richieste morbose, insistenti, tossiche appunto, che noi per primi non riusciremmo a tollerare sulla nostra stessa pelle.

Il documentario e Justin Timberlake

Ma torniamo alla grande domanda: cosa ha trascinato Britney Spears fino a qui? In modo nemmeno troppo velato, Framing Britney Spears individua l’inizio del declino nella separazione tra la Spears e Justin Timberlake. Colleghi al Mickey Mouse Club a metà anni ’90, i due si mettono insieme nel ’98 e immediatamente sono circondati dalle telecamere di mezzo mondo. Gli inglesi avevano la famiglia reali, noi avevamo Berlusconi e gli USA, appena usciti dallo scandalo Clinton, avevano bisogno di una nuova coppia su cui posare lo sguardo.

Mettiamo subito in chiaro le cose: nel 1998 Britney e Justin avevano diciassette anni. Quando si sono lasciati ne avevano ventuno. Quanti di noi possono dire di non aver fatto cazzate in quell’età?

Il problema è che le cazzate della coppia Timberlake-Spears erano di dominio pubblico e, quando venne fuori che forse lei aveva tradito lui, esplose il finimondo. Cry Me A River e il suo video erano diventati emblemi dell’innocenza di Timberlake e della troiaggine della Spears, che, se fino a un secondo prima era una ragazza forte e indipendente, ora veniva etichetta come la stronza che ha tradito il suo amore, facendo finire quella storia da copertina che tutti amavano (e sognavano).

Framing Britney Spears punta contro Timberlake un dito così grande che lo stesso Justin è arrivato a pubblicare delle eleganti scuse alla collega e ex compagna su Instagram. Scuse mature che, grazie a dio, mettono a tacere la folla di fanatici alla ricerca di qualcosa contro cui combattere la loro crociata per la liberazione della loro beniamina, dimenticandosi nel processo cosa significava fino a poco tempo fa il nome Britney Spears, da sinonimo di libertà e sensualità positiva a paradigma di donna indifesa da salvare.

Quindi, cos’è successo?

Se siete arrivati fino a qui probabilmente volete capire cosa sia successo alla nostra Britney. La verità è che credo sia sbagliato ricercare una risposta, un colpevole, una fonte, un singolo elemento della vita di Britney Spears che, dal nostro lontanissimo punto di vista, possa bastare per liberarla. #FreeBritney è un movimento apprezzabile per la sua critica a un sistema giudiziario sicuramente fallace, ma nella sua campagna di invasione dei sani limiti della privacy è diventato qualcosa di spaventoso, giusto e sbagliato al tempo stesso.

Guardando Framing Britney Spears credo di aver colto qualcosa in più della situazione difficile in cui vive oggi la cantante, che è arrivata a rinunciare nel 2019 a una residency a Las Vegas (compenso settimanale: 1M $) pur di provare il suo punto, ma ho provato anche tanta tristezza per l’accanimento che quelli che una volta erano i suoi fan più vicini ora hanno nei confronti di qualcosa di così delicato e, purtroppo, fumoso.

Se avete aperto quest’articolo è perché anche voi, in qualche misura, avete a cuore la cantante più influente degli ultimi vent’anni. Quella che avete appena letto è l’opinione dei fatti di un venticinquenne che, tre anni fa, è salito su un palco e ha cantato Toxic davanti a un centinaio di persone e che spera che Britney Spears possa trovare la sua libertà nel modo più veloce e pacifico possibile.

Qualsiasi cosa ti sia successa, Britney, ti ringrazio. Di tutto.