musica di merda

Carl Wilson viene considerato senza mezza termini il Maradona dei critici musicali, un pioniere della critica ragionata, moderna e mai banale.

La prima versione del libro usciva nel 2007, col titolo originale “Let’s talk about love: viaggio al termine del gusto” e se a prima vista, poteva apparire come un mix tra Céline Dion e Cotto e Mangiato, in realtà si trattava di uno studio e di un esperimento mentale, che doveva spingere il lettore a guardare dall’esterno il modo in cui pensa a ciò che gli piace e a ciò che non gli piace, a ciò che ritiene valido e a ciò che disprezza.

L’obiettivo di Wilson era quello di uscire dalla propria estetica personale e di interrogarsi sulle fondamenta dei gusti musicali, in un’epoca come quella attuale nella quale il concetto di arte è molto confuso. Ed è proprio su questa fantomatica linea di confine, tra ciò che si ama e ciò che si odia (non a caso il primo capitolo s’intitola proprio “parliamo di odio”), che Carl Wilson sviluppa ed approfondisce con sarcasmo il tema del rapporto tra pop e critica e regala un manuale di critica musicale tra i meglio riusciti, farcendolo, peraltro, di ulteriori saggi prima assenti. (spiccano su tutti quelli di Krist Novoselic, Nick Hornby e della professoressa di cultura afro-americana Daphne E Brooks). La ristampa 2009 è su Isbn Edizioni. 

Senza mezzi termini diciamo subito, citando Momus e parafrasando Sartre, che “l’inferno è la musica degli altri”. Insomma, quando si odia una canzone si odia in modo viscerale, come uno scarafaggio che si arrampica sui pantaloni.

Ma perché? Si chiede Wilson. Perché alcuni di noi odiano alcune canzoni che altri, invece, adorano?
Punto di partenza per questa riflessione, fu, la celebrazione per My Heart Will Go On e, più, in generale per l’intera enciclopedia musicale prodotta da Céline Dion.

Negli anni successivi al Titanic, si è assistito ad ogni tipo di critica e il libro è pieno di citazioni di quel tempo (Suck.com, CNN, Madonna, Rolling Stone o addirittura Maxim), ma si è anche assistito al trionfo globale dell’artista canadese, tanto che rimane celebre una battuta in South Park: “quando il Canada sarà morto per sempre, non ci sarà più Céline Dion”Da qui in avanti è un trionfo, ma al tempo stesso una cavalcata solitaria verso l’abisso artistico/musicale. La canzone rimane, ancora oggi, in pianta stabile tra i 20 successi della storia della musica (!?), ma il tiro al bersaglio contro la cantante diventa un passatempo quasi universale. Le pagine scorrono e ciò che è costante è la contraddizione di fondo tra i fan sfegatati, incuneati tra chi la trovava vomitevole e gli indifferenti, e la critica più spietata. Una media Inghilterra di mediocri, invisibile al resto di noi.

Nonnette, gente in abito da sera, bambini ciccioni, venditori di telefonini e frequentatori di centri commerciali sicuramente”.

E se il disprezzo si dovesse estendere anche a loro, vuol dire che gli negherei una scialuppa?

Il punto, forse, è un altro. Come dirà Nick Hornby nel capitolo a lui riservato, il successo di Céline Dion, proprio come il fascino per Dan Brown o J.K. Rowling, lascia sconcertati ed inorriditi tutti coloro che sono abbastanza fortunati da possedere cultura e buon gusto. Ma la collera che si riversa su Dion, a ben vedere, sembra fuori bersaglio, poichè diretta alla musica pop. Non era questo l’elemento fondamentale della musica pop, ovvero il suo carattere democratico? Era proprio il fatto di essere per chiunque a rappresentarne la parte più entusiasmante. Era in grado di suonare per chiunque, anche per i ciccioni senza amici o per quelli con un blog musicale.

Anche in questo caso, senza mezzi termini, occorre riflettere.

La grande letteratura (come la grande musica) eleva l’essere umano; concetto chiave dell’intera saga del Homo Sapiens. I rapinatori non leggono Virginia Woolf, al massimo ascoltano i Ramones, più adatti ad una rissa, che ad un colloquio di lavoro. Eppure il primo album dei Ramones viene, in senso critico, considerato un mostro sacro. Come la mettiamo? Qualcuno ha mai sostenuto che i Ramones possano elevarci ad entità superiori? E allora, che male fa Céline Dion? Perché, dunque? Perché ad ogni Dicembre, quando i critici compilano le classifiche dei migliori album Radiohead o Bob Dylan eclissano la parte dei dominatori delle classifiche di vendita? Solo questione di educazione estetica? 

A questa e più domande Carl Wilson risponde direttamente, a volte con sarcasmo, a volte con cupa disillusione. A questa e più domande Carl Wilson non risponde, lasciando ai lettori l’ultimo giudizio, su ciò che amano e su ciò che odiano. Su come scelgono di definire se stessi, nel momento in cui stabiliscono cosa è di qualità e cosa non lo è.

(la faccia di Madonna dice tutto, in uno dei momenti raccontati nel libro)