Il 2019 è l’anno in cui 31 donne vengono premiate ai Grammys, con un +82% rispetto al 2018, è l’anno in cui il Primavera Sound annuncia in line-up lo stesso numero di artisti donne e uomini e lo chiama The New Normal.

È l’anno in cui Dua Lipa e Cardi B guardano il mondo dall’alto, di SolangeRosalìaAriana Grande e Janelle Monàe.

E le ragazze dell’indie (o come preferite chiamarlo) come stanno? Vi presentiamo otto (in realtà nove) giovani ragazze che dimostrano che il movimento non perde colpi e che il futuro per loro e la loro musica è brillante.

Stella Donnelly

Tutti ne parlano, tutti la vogliono. Ad inizio 2017 esce il primo EP Trush Metal, indie freschissimo, femminista e molto arrabbiato trascinato dai singoli Mechanical Bull e Boys Will Be Boys. Ora c’è un esercito di persone che aspetta la sua prossima mossa che, guarda un po’, arriva nel giorno della festa della donna: il primo full-lenght Beware of the Dogs esce infatti oggi per l’americana Secretly Canadian. “Dai suoi testi si capisce perfettamente cosa significa essere una Millennial oggi, nel periodo di Trump, Tinder e della nuova corrente femminista”, si legge sul suo sito. Come si dice? Uomo avvisato.

Lucy Dacus

Lucy Dacus da Richmond, Virginia sognava di fare la regista, ma alla Virginia Commonwealth University ha resistito poco più di un anno. Nel 2016 esce il primo album No Burden per Matador e tutta la critica musicale si stupisce di come una ventenne possa scrivere testi così maturi e toccare le corde emotive di chiunque (I Don’t Wanna Be Funny Anymore, Strange Torpedo, Green Eyes, Red Face). Nel 2018 sempre per Matador arriva il seguito, Historian, accolto benissimo e che si apre con Night Shift, un singolo devastante – nel testo e nelle chitarre – di cui non vi liberete mai più.

Julia Jacklin

Australiana numero due, questa volta di Melbourne. Nel 2016 debutta con Don’t Let The Kids Win per Transgressive Records, disco sulla crisi dei 25 fatto di un ottimo storytelling e di singoli eccezionalmente catchy come Pool Party, Leadlight e Coming of Age. Appena qualche giorno fa, il 22 febbraio, è uscito sempre per Transgressive Records il seguito Crushing, break-up album che suona un po’ Angel Olsen, un po’ Courtney Barnett, un po’ Sharon Van Etten. Voce morbida, chitarrine, sentimenti e sexting finito male: devo forse aggiungere altro?

Phoebe Bridgers

Phoebe Bridgers ha insegnato a Mark Kozelek cosa sono i meme, e già per questo meriterebbe un articolo. Ossessionata da Elliott Smith (parole sue), nel 2017 pubblica per Dead Oceans il suo primo album, Stranger in the Alps, indie-folk per cuori ironici e pure parecchio malinconici (“Jesus Christ, I’m so blue all the time / And that’s just how I feel / Always have and I always will” canta in Funeral). Nel 2018 dà il via con Lucy Dacus e Julien Baker al super-gruppo boygenius, pubblicando un EP di sei pezzi per Matador. A gennaio 2019 a sorpresa si unisce a Conor Oberst (Bright Eyes) per dar vita ai Better Oblivion Community Center. La ragazza non sta mai ferma: seguitela anche su Instagram, perchè se la sua musica è più blue che mai, nella vita è divertentissima.

Let’s Eat Grandma

Rosa Walton e Jenny Hollingworth hanno sedici anni quando pubblicano il primo disco, I, Gemini, per Transgressive Records. Un esordio alt-pop acerbo che le porta ad esibirsi in giro per i più importanti festival europei, dal Primavera Sound all’End Of The Road, perennemente incappucciate e con il viso coperto dai capelli lunghissimi. A luglio 2018 esce sempre per l’etichetta Transgressive il seguito I’m All Ears, che vede in produzione niente meno che SOPHIE e Faris Badwan dei The Horrors. Contemporary pop futuristico, sofisticato e coraggioso. Insomma, se potete non perdetevele questa estate a Ypsigrock.

Snail Mail

Lindsey Jordan, classe 1999, è la nuova principessina dell’indie rock. Due anni dopo un primo LP, Habit, che aveva conquistato la critica americana tutta, il debut album Lush esce a giugno 2018 per Matador e Pristine, primo singolo, ne diventa l’indiscusso manifesto. Guitar pop curato e atmosfere meno DIY rispetto ad Habit, testi post-adolescenziali schietti e intelligenti: niente di nuovo, ma Lindsay Jordan ha trovato la formula magica perché punta direttamente lì, a risvegliare l’adolescente che è ancora in ognuno di noi.

Marika Hackman

Metà inglese metà finlandese, Marika Hackman ha suonato in una band con Cara Delevingne quando frequentavano entrambe l’accademia d’arte di Bedales, ha fatto la modella per Burberry e ha aperto i concerti di Laura Marling e Alt-J. Dopo l’ottimo LP That Iron Taste del 2013, il primo album We Slept At Last esce due anni dopo per Dirty Hit e si destreggia bene tra tradizione folk e indie pop. Nel 2017 esce per Sub Pop I’m Not Your Man, secondo album decisamente meno introspettivo e più pop, fatto di testi divertenti e più che espliciti e di un sound che richiama decisamente gli anni ’90 (Boyfriend, Gina’s World). Uno spirito libero da tenere d’occhio (anche perchè il terzo album è in arrivo).

The Japanese House

Il nome Japanese House deriva da un cottage nel Devon dove Amber Bain andò in vacanza con i suoi genitori a otto anni e si finse un maschio per una settimana. A questa ragazza del Buckinghamshire piace ancora giocare con l’ambiguità di genere e con la voce, tant’è che si fatica a capire se appartenga a un maschio o a una femmina. Tra il 2015 e il 2017 Bain pubblica ben quattro EP accolti benissimo (Pools To Bathe In, Clean, Swim Against The Tide e Saw You In A Dream), tutti per Dirty Hit, tutti con un sound a metà tra The XX e Beach House e tutti che vedono la collaborazione di Matt e George dei The 1975É di una settimana fa il primo full-lenght electro-dream-pop Good At Falling, registrato in parte al Fall Creek Studio dei Justin Vernon (e di Auto-Tune non a caso ce n’è). A star is born.